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giovedì 28 ottobre 2010

Shopping parallelo

Bertolaso: "Ho segnalato i comuni da commisariare, scoprendo in seguito che il 70% erano del centrodestra. Mi è stato detto che non era politicamente opportuno".


Passo da Fnac e acquisto Fallout: New Vegas, seguito di un capolavoro di cui già vi parlai. Anche in questo caso si tratta di avventure che accadono in uno scenario apocalittico, nella cosiddetta Zona Contaminata.
Vado al pieno inferiore, compro "La Peste", il libro di Tommaso Sodano su tutto quello che c'è dietro lo scandalo dei rifiuti in Campania.

E inizio a pensare che tra due anni acquisterò Fallout: Terzigno. La nuova Zona Contaminata.

mercoledì 1 settembre 2010

Tira e molla


Ho uno stranissimo rapporto con la lettura. Ci sono lunghi periodi in cui non tocco una pagina, anche per mesi. Poi, scatta qualcosa. A volte basta un weekend fuori, o una mezza giornata libera. Inizio a leggere e non la smetto più. Nei mesi estivi, in particolare, un po' perché i ritmi son più rilassati, un po' perché riesco a sfruttare l'ozio di Pescocostanzo, divoro libri in quantità industriale. Tra l'altro leggo molto velocemente, con il risultato che:
a) posso finire libri da 250/300 pagine in un pomeriggio (vd. l'ultimo Zafòn, che poi è il suo primo, ma vabbè)
b) a distanza di due giorni non mi ricordo più un cazzo.

Probabilmente questo mio metodo è quanto di più antitetico ci possa essere alla buona lettura, ma non so che farci.
Dopo un'estate di avida lettura, sono ripiombato nella fase di apatia. Stasera, non avendo un tubo da fare, ho provato ad aprire un libro della pila che si sta rapidamente accumulando sullo scaffale che destino ai volumi da leggere: niente, non son neanche riuscito a concludere la prima riga.

lunedì 10 maggio 2010

Marina

Ho approfittato della vacanza a Barcellona per leggere finalmente "Marina" di Carlos Ruiz Zafón. A dire il vero l'ho letto in buona parte sul volo di ritorno, ma fa lo stesso.
Ecco, da questo vorrei partire, perché arrivato al (mio) terzo libro di Zafón, per quanto l'ispirazione della vacanza catalana fosse importante, credo che "cambiare un po' aria" possa fare bene alla fantasia dell'autore. Marina, infatti, si incastra nel filo conduttore dei due racconti precedenti che avevo letto (L'ombra del vento e Il gioco dell'angelo, le cui storie son comunque collegate). Gli elementi sono gli stessi: una storia che punta molto sulle atmosfere misteriose, con lo sfondo di una Barcellona cupa e intrigante.
Potremmo quindi parlare di ripetitività, se non fosse che Marina è stato scritto prima dei due libri sopra citati. Se da un lato Zafón con il suo stile semplice e avvolgente (basta farsi un giro su internet per vedere quanto piaccia) riesce sempre a coinvolgere il lettore e a tenere alta l'attenzione e il coinvolgimento, creando una splendida storia di amicizia tra due adolescenti, dall'altro la cupissima parte horror-fantasy non convince per nulla. Devo essere onesto? Senza mezzi termini e senza spoilerare, m'è parsa proprio una cazzata. Dai, i proiettili d'argento, ma porca troia, l'hai scritto nel 1999, anche allora era uno degli stereotipi più abusati di sempre.

domenica 2 maggio 2010

Fan-omenologie

E' curioso, l'ultimo libro di Nick Hornby, "Tutta un'altra musica", riadattamento - all'italiana, abbastanza osceno - del vero titolo, ossia "Juliet, naked". Ancora una volta, la musica riveste un ruolo importante nello svolgimento della scena. Duncan è un "die hard" fan di Tucker Crowe, un cantautore americano misteriosamente sparito dalle scene proprio quando aveva raggiunto il successo con "Juliet", ritenuto il suo capolavoro. Vive in una noiosa cittadina inglese sul mare con Annie, che subisce la passione del compagno per Crowe, tanto da partecipare con lui a viaggi/pellegrinaggi sui luoghi della vita del cantautore. Un giorno a casa di Duncan arriva una versione inedita di "Juliet", Annie la ascolta per prima e da lì le cose inizieranno a cambiare...

Se la storia in sé può non rivelarsi originalissima, a rendere piacevole la lettura del libro sono due elementi. Il primo è la solita, scorrevole, scrittura di Hornby. La seconda è a mio avviso la caratterizzazione del personaggio di Duncan, probabilmente il più riuscito e reale. Chi ha frequentato, qualche volta nella vita, forum dedicati ad artisti e musicisti, rivedrà sicuramente in lui qualche nick conosciuto. La condivisione di una passione, o forse di una mania, via internet con altre persone sconosciute, ma così simili a te. Il desiderio di sentirsi un'autorità nel campo, almeno in un forum, dando anteprime, esprimendo i propri sofferti giudizi in una recensione. Il classico fan che divora la biografia, anzi la vita, del suo mito, rivelandosi alla fine uno studioso, anche maniacale, della sua arte e soprattutto della sua persona. Per poi magari scoprire che, alla prova dei fatti, tutte le sue immutabili certezze, autocostruitesi con anni di ricerche e di confronti online, si sono rivelate delle sostanziali puttanate. Una fenomenologia di un fan da forum.
E allora la lettura di "Juliet, naked" (non riesco a chiamarlo col titolo italiano, scusate) pone implicitamente un quesito. Fino a che punto bisogna analizzare un'opera d'arte e un artista?

domenica 7 marzo 2010

Perché sei tutta bagnata?


Il nuovo lavoro di Martin Scorsese, Shutter Island, è l'adattamento cinematografico del libro di Dennis Lehane pubblicato in Italia con il titolo "L'isola della paura". Ho atteso con molta curiosità l'uscita del film, avendo letto parecchio tempo fa il libro e avendolo trovato molto bello, in grado di creare un'atmosfera cupa e inquietante. Inoltre, avevo già apprezzato la coppia Scorsese-Di Caprio in "The Departed", e quindi l'hype era altino, nonostante capiti spesso che le versioni su pellicola risultino meno efficaci di quelle su carta.
Il film mi ha soddisfatto. La riproduzione è abbastanza fedele, e Scorsese riesce a ricreare quell'atmosfera inquietante, in certi tratti anche claustrofobica, che traspare dalle pagine del libro. La recitazione di Di Caprio è ottima, mi ha impressionato molto positivamente il lavoro sull'incalzante sonoro.
Evitando lo spoiler, comunque abbastanza evidente dal trailer e anche abbastanza intuibile durante il film (poi vabbè, io il libro l'avevo letto anche se non ricordavo quasi nulla, vista la mia memoria ridicola), come ho detto Scorsese riproduce abbastanza fedelmente il libro di Lehane. Si prende una licenza, molto importante, sul finale, dandone una propria interpretazione che invece nel libro resta decisamente più sospesa e affidata al lettore. Purtroppo non posso dire di più, non son mica come quelli di Repubblica che hanno pensato bene di sputtanare i finale.

martedì 26 gennaio 2010

Vogliamo soltanto il lasciapassare A38

Quanto è difficile fare impresa in Italia? E quanto è difficile farlo, essendo di sinistra? "Volevo solo vendere la pizza", di Luigi Furini, dà la risposta a queste domande. L'occhio su questo libro m'è caduto per caso, in libreria, in uno dei momenti in cui pensavo "E se cambiassi la mia vita e trovassi qualche modo per mettermi in proprio?". Il fatto che l'autore fosse un giornalista mi ha spinto nell'immedesimazione e, di conseguenza, nell'acquisto. E, guardacaso, la lettura di questo libro è caduta proprio in giornate in cui mi sono trovato a discutere con filo, ale e gli altri "bravi ragazzi" di doveri e diritti dell'impresa e dei dipendenti.
Furini voleva solo aprire una pizzeria, ma si è trovato a sbattere contro ostacoli più grandi di lui. La burocrazia, che prima ancora di aprire gli chiedeva di seguire corsi su corsi (a pagamento), dove imparare che in caso di infortunio bisogna chiamare il 118 e che è igienico lavarsi le mani prima di toccare gli alimenti, di numerare le trappole per topi, di non usare materiale infiammabile per spegnere il fuoco (!!!). E una volta aperta la pizzeria c'erano i controlli, pronti a multare anche il mancato scontrino da 1 euro per una pizza regalata a un bambino. I lavoratori e i loro certificati medici, con la pizzaiola a riposo per gravidanza che decide di mettersi in proprio e di aprire una pizzeria concorrente, l'egiziano che sparisce e chiede fantomatici stipendi non pagati, l'anziano che passa direttamente dalla malattia alla pensione millantando anche lui straordinari (notturni) non pagati. I sindacati, che accettano qualsiasi vertenza dei lavoratori ma arrivati al momento della contesa non hanno nulla in mano e ripiegano su tentativi di accordi per spillare qualche euro.

Ah, per chi non sapesse da dove proviene la citazione del titolo... vale la pena.

sabato 16 gennaio 2010

Zappatisti

Guardatelo. Vista quest'immagine, e magari ascoltando la sua musica, vi immaginereste mai che questo tizio che indossa mutande leopardate e calzini di indubbio gusto sia lo stesso uomo che negli anni della psichedelia rifugge ogni forma di droga, vuole tenere tutto sotto controllo a costo di perdere amici e colleghi, maniaco del lavoro, capace di far provare il proprio gruppo anche per quattro mesi di fila prima di andare in tour e alla perenne ricerca della perfezione? E invece è proprio lui.
Spesso la musica ti può dare un'idea sbagliata e superficiale della persona che c'è dietro. Puoi pensare a Zappa come uno straordinario talento, al quale piace farsi una canna di tanto in tanto. E invece lui odiava le droghe, appunto perché gli facevano perdere il controllo della situazione. Un controllo che lui voleva esercitare sempre, anche con i Mothers of Invention, che non erano un gruppo musicale. Erano il suo gruppo, che suonavano la sua musica.
Leggendo l'ottima biografia di Barry Miles (qui una piccola anteprima), che in vari punti smentisce anche quella che viene considerata come un'autobiografia ma che Zappa ha scritto con Occhiogrosso, viene fuori un ritratto completo di Zappa. Riduttivo chiamarlo musicista, era innanzitutto un compositore, il cui più ardente desiderio era vedere rappresentata la propria musica a livelli di perfezione. Per questo, molti dischi di Zappa non sono altro che collage e sovraincisioni maniacali di registrazioni fatte dal vivo. L'assolo di chitarra di Los Angeles era perfetto? Bene, mixiamolo con l'ottima prova vocale di New York. E via dicendo per tutte le tracce audio.
Così come uno, superficialmente, si aspetterebbe uno Zappa fricchettone, e invece il suo cinismo ("sono un reporter") lo portava a sparare a zero su tutto. Contro i pacifisti, contro gli omosessuali, contro Reagan e i repubblicani. Contro i comunisti, tanto che stava per essere nominato Ambasciatore della Cecoslovacchia. Contro l'Inghilterra. Praticava il sesso libero, ma era contro l'emancipazione femminile. Era un uomo, come dice la copertina "Absolutely free".
Forse era così, forse era libero di dire quel che voleva, di suonare la musica che voleva, di riempire i testi delle proprie canzoni di assurdità e volgarità assolutamente divertenti. Però, dal libro, sembra anche vedere un uomo schiavo di se stesso, del proprio lavoro, della sua eccezionale e prolifica vena creativa, della ricerca della perfezione (assolutamente legittima, per carità) e della voglia di tenere tutto sotto controllo. Lo stesso rapporto con i figli è emblematico: i ragazzi avevano il padre in casa (casa dalla quale sono passati tutti i grandi del rock) tutto il giorno ma non dovevano assolutamente disturbarlo, per nessuno motivo, perché lui era chiuso in studio. Tanto che alla fine, per avere un minimo rapporto, iniziarono a cantare con lui, a suonare la chitarra con lui.
Compositore geniale, musicista di talento, personaggio assolutamente interessante e pieno di sfaccettature.

Basta chiacchiere. Prima di tutto un Sandro Paternostro d'annata che intervista Frank. Questa l'ho messa più per Paternostro che per Zappa!


Frank a 22 anni che suona una bicicletta. E' quel tipo smilzo sulla sinistra.


E infine uno dei miei (e suoi) pezzi preferiti, Peaches En Regalia.

giovedì 11 giugno 2009

The rivalry

In questi mesi ci hanno fatto due palle cubiche sul duello Bryant vs. James. Capisco il marketing ma, con tutto il rispetto, non stiamo parlando di Magic e Bird e i due finora non si sono incontrati ai playoff manco per sbaglio.
Questa premessa acidella è finalizzata all’introduzione della lettura che ho appena concluso, ossia il libro di John Taylor “The rivalry”, incentrato sulle due figure che hanno permesso l’affermazione del basket Nba ai grandi palcoscenici: Bill Russell e Wilt Chamberlain, appunto. Il sottotitolo “Bill Russell, Wilt Chamberlain, and the golden age of basketball” è esemplificativo di quanto poi andremo a leggere. Non solo Bill e Wilt, ma un momento di intensa crescita di un basket in cui c’erano figure come John Havlicek, Bill Cunningham, Nate Thurmond, Jerry West, Elgin Baylor, Oscar Robertson. Una storia di due grandissimi giocatori che è la storia di un gioco che stava passando dal dilettantismo basato su patti tra gentiluomini a essere qualcosa di più, con dirette nazionali, minacce di scioperi di fronte alla mancata tutela previdenziale e cose di questo tipo.
Un gioco in evoluzione, in un paese in evoluzione. Sono gli anni dell’emancipazione nera, del Klan, di Martin Luther King Jr. e del suo assassinio, delle Black Panthers. Tutti fenomeni che si riflettono in un gioco che ha fatto da apripista all’integrazione razziale.
La storia di un paese raccontata attraverso la storia di un gioco. E la storia di un gioco raccontata attraverso le storie dei suoi maggiori protagonisti, in campo e non (Auerbach, ad esempio). Su tutti, Bill Russell e Wilt Chamberlain, così diversi tra loro ma due metà comunque combacianti di una stessa storia.

Almeno credo che il libro dica queste cose, perché l’ho letto in inglese. Una faticaccia…

mercoledì 15 aprile 2009

L'ombra del vento

Come forse ho avuto già modo di accennare, ho uno strano rapporto con la lettura. Ci sono periodi molto lunghi in cui tocco una pagina. Poi arrivano momenti in cui consumo libri su libri. Vivendo uno di questi momenti, e non avendo a mia disposizione libri che mi ispirassero, ho chiesto consiglio a mio padre, che mi ha prestato L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafòn (l'accento andrebbe verso l'alto ma non ho voglia di aprire la mappa caratteri).
Ambientato in una Barcellona misteriosa, in una Spagna che usciva ora dalla guerra, tutto parte dal ritrovamento, da parte del piccolo Daniel, di un libro il cui autore è sconosciuto ai più. Da lì parte la ricerca di Daniel, che dura anni in cui assistiamo alla sua maturazione e ad alcune sorprendenti analogie con il libro ritrovato.
Di altissimo livello il personaggio di Fermìn.

Il libro è uscito nel 2001, ma ha conosciuto il successo solo in seguito al tam tam dei lettori. E forse, e questo lo capirete solo leggendolo, non è un caso.
A me è piaciuto molto, ma ho letto anche alcune critiche non proprio benevoli.