mercoledì 21 luglio 2010

E' la stampa online, bellezza

Un interessante punto di vista de Il Sole 24 Ore sulle nuove frontiere della stampa online.

L'ossessione quotidiana si chiama "Backend". È una pagina internet che in tempo reale dice quanti lettori stanno leggendo ogni articolo e soprattutto quanti lettori stanno leggendo articoli su www.ilsole24ore.com. È l'irruzione dell'auditel in un campo finora intonso, o quasi. E scoprire che il mal è comune, leggendo il New York Times e il Washington Post, non costituisce mezzo gaudio, semmai sprone all'innovazione.


Lo psicodramma, almeno per chi fa giornali, è iniziato da quella funesta previsione: Philip Meyer, studioso dell'editoria americana, ha infatti preoccupato tutti noi vaticinando che l'ultima copia del New York Times sarà acquistata nel 2043 e questa previsione è poi diventata il titolo di un libro scritto per Donzelli da Vittorio Sabadin. Nello psicodramma irrompe un protagonista che non dovrebbe spaventare più di tanto i giornalisti, il lettore. Ma come irrompe?
Il New York Times ha raccontato uno scherzo avvenuto nella redazione di The Politico, giornale online americano ad alto contenuto di valore aggiunto, appunto, politico. Dalla direzione parte una mail: l'orario di inizio del lavoro è anticipato alle 5 della mattina. Panico. «È l'orario migliore per prendere contatto con fonti altolocate». Al limite, cari tutti, riposatevi nel tardo pomeriggio, quando i lettori sul sito calano. C'è chi ha pianto. E pensare, commenta il New York Times, che un tempo i giovani volevano fare i giornalisti per girare il mondo raccontando storie, ora devono faticare dietro ai computer spremendosi le meningi per sedurre il misterioso algoritmo di Google, mentre nelle riunioni di redazione inizia a circolare la frase: «Questo tema tira molto online...». «I più letti», del resto, sono reperibili su quasi tutti i siti dei grandi giornali e il Christian Science Monitor li manda addirittura via mail a tutto lo staff. Minatorio?


Racconta sempre il giornale di New York che alcuni organi di informazione, come Bloomberg News o Gawker Media, iniziano a pagare le loro firme anche in base al numero dei clic. Arcipanico. Immaginate lo sguardo dei giornalisti di fronte alle classifiche dei meno letti. E se poi il tempo di massimo stress non è più soltanto la sera, quando si completano le pagine prima della stampa, ma tutto il giorno, colpa del nervosismo dell'informazione online, è ovvio che da The Politico o simili la gente inizi ad andare via, dopo aver dato tutto e in breve tempo. Aggiungete la concorrenza degli ultrablog, quegli strani siti che tendono sempre più al giornale in tempo reale, The Huffington Post per esempio, e la frenesia aumenta. E con la frenesia la stanchezza anche dei più giovani, quella che preoccupa Duy Linh Tu, coordinatore del programma digital media alla Columbia University. Gioventù bruciata.

Però è arrivato Steve Jobs e ha detto ai giornali: ma quale 2043, vi salvo io con l'Ipad. C'è del vero, tra Apple e altri apparecchi mobili i lettori non devono neanche più venire sul sito, ti scaricano e ti hanno con sé. Ma dal punto di vista della frenesia dell'aggiornamento e delle sveglie all'alba non viene molto incontro: è il lettore il (giusto) protagonista. Così ha scritto sul suo blog, Andrew Alexander, garante dei lettori del Washington Post: «Fare del cliente online il re del Post». Proprio "customer" ha scritto.
Perché? Un tempo nelle redazioni poco si sapeva dei lettori, a volte soltanto il numero. Ora in rete puoi sapere non solo quali articoli si leggono, ma addirittura su quali parti si clicca. Così scopri che la foto della spia russa Anna Chapman è il magnete per raccontare la storia. E se vedi che la parola "LeBron" è tra le più ricercate sul web, metti subito in evidenza la notizia della scelta della squadra di basket di LeBron James. Quiz: qual è la notizia più letta sul sito del Post nell'ultimo anno? Haiti? Bp? La riforma sanitaria di Obama? Risposta: le Crocs.
Poi Alexander racconta il dibattito interno alla redazione, a ogni redazione: come preservare i canoni del buon giornalismo legato all'attendibilità delle fonti e guadagnare lettori nell'informazione frenetica e nervosa del web? La ricetta da trovare è la sfida, intanto, il suo consiglio è: essere leader nella discussione, dentro e fuori la redazione. Perché «nell'età di Internet, i lettori comandano». Sveglie puntate non troppo presto, please.

sabato 17 luglio 2010

Serate concertistiche

Due serate musicali. Giovedì sera è stato il turno dell'Afrakà, il festival di Afragola (a margine, non pensavo fosse così brutta, chiedo scusa agli eventuali lettori afragolesi. Tra l'altro siamo finiti in un rione popolare che andrebbe fatto vedere a un po' di gente. Poi si chiedono come è possibile recuperare socialmente certe zone, andate a vivere là e ne parliamo...).
Andiamo per T.M. Stevens, bassista idolo di mio fratello, che quando vede qualcuno slappare impazzisce. Già visto un paio d'anni fa a Teano, ci ha conquistato come tutti quelli che si divertono da matti quando suonano.
Prima di lui, però, tocca al Marco Mendoza trio. Non lo conoscevo, e sto Mendoza è uno che ha suonato con mezzo mondo, dai Thin Lizzy a Dolores O'Riordan. Se la cava, è un frontman nato, canta bene, fa una gran versione di Higher Ground. E inoltre è circondato da musicisti cazzutissimi, tra tutti Andrea Braido che ha una signora carriera come turnista. Purtroppo in Italia se sei un fenomeno ti tocca comunque fare da chitarrista ai vari Vasco Rossi, Laura Pausini, Eros Ramazzotti. Ma parliamo di un vero fenomeno.
T.M. arriva in chiusura di serata, e dovrà fare pochi pezzi causa chiusura obbligata a mezzanotte. Inizia con I'm a Believer, il pezzo che nel concerto precedente gli era stato chiesto come bis da mio fratello ("You push me, man!"). Poi sente uno del pubblico che chiede Raw Like Sushi e, forse felice perché qualcuno conosce i suoi pezzi, la esegue. Di voce ce n'è pochina, ma lo slappatore folle è in forma. Solita tunicona africana ("Afrikà, Afrakà!"), basso giallo/rosso/verde con un leone stampato su, e soprattutto al posto della tastiera ci sono delle luci (sempre giallo/rosso/verdi)!
Solito coinvolgimento del pubblico al grido di "Shake your culo", gente sul palco, security che cerca di farli scendere e T.M. che spiega che li vuole su... un bel casino!

Il giorno dopo, nonostante un po' di scetticismo, andiamo al museo Madre. C'è Dweezil Zappa, "il figlio del Genio" come titola Repubblica, che suona i pezzi del padre. Cazzo, ed ero scettico.
Concertissimo! Musicisti bravi bravi (il batterista era Vlade Divac), pezzi suonati egregiamente. Dweezil sul palco si comporta come il padre, sorriso sornione, ottimi assoli, controllo della situazione. A sorpresa sale sul palco anche Massimo Bassoli, colui che ha dato vita a "Tengo una minchia tanta". Il delirio si raggiunge con Peaches en Regalia e I'm the Slime.
Soddisfazione. Avendo rubato la scaletta (con tanto di autografo, Dweezil disponibilissimo s'è messo a dare la mano a tutti) la riporto.

Purple Lagoon
Stinkfoot
Montana
Easy Meat
Daddy Daddy Daddy
What Kind Of Girl Do You Think We Are?
T'Mershi Duween
Inca Roads
Blessed Relief
The Blue Light
Pick Me I'm Clean
The Little House I Used To Live In
Latex Solar Beef/Willie The Pimp/Drum Solo
Apostrophe
Don't Eat The Yellow Snow
Keep It Greasehy
Big Swifty
Cosmik Debris

Peaches En Regalia
I'm The Slime

lunedì 12 luglio 2010

Lavoro d'oggi

Come funzionano le cose nel mondo del lavoro di oggi? Ti chiedono di fare una cosa completamente differente da quello che sarebbe il tuo incarico, o le tue competenze. Una cosa che tu non hai mai fatto, e che proveresti pure a fare, se ti dicessero da dove cominciare.
Ma loro non te lo dicono. Tutto quello che ho imparato a fare in questi quattro anni e mezzo, cioè da quando ho iniziato a lavorare, l'ho dovuto imparare da solo. Rubacchiando qua e là, prendendo a testate la scrivania, cercando di apprendere cose nuove e anche astratte, e sperando di non sbagliare.
Loro, quelli per cui devi fare qualcosa, non ti aiutano. Anzi, aggiungono indicazioni vaghe, spesso anche sbagliate. Ti invitano a fare una ricerca. Essì, tanto internet ormai serve a tutto.
Immaginatevi una persona a cui viene chiesto di scrivere una replica, senza sapere per chi, a chi, per quale motivo, su quale argomento.
Ecco, in questo momento mi sento così.

venerdì 2 luglio 2010

E poi dicono che non porta sfiga...

Mondiali & G8, Berlusconi a Cameron: “Tifo Inghilterra, c’è Capello”.
Berlusconi: "Dopo l'eliminazione azzurra tifo Brasile".