domenica 28 febbraio 2010

E comunque io tifavo per gli All Blacks


La visione di Invictus, il nuovo lavoro di Clint Eastwood, mi ha lasciato sensazioni contrastanti.
Sul film in sé non è che ci siano critiche da muovere. La storia è bella, cattura il pubblico, in molti casi commovente. Il problema, e qui mi riallaccio a una vecchia discussione tra i "bravi ragazzi", è che bene o male quando vai a vedere un film di Eastwood sai già cosa ti troverai di fronte.
Ossia una storia affascinante, con forti connotati morali, capace di appassionarti o di commuoverti. Lui piglia questa bella storia, e te la sa raccontare bene.
Questo può essere tanto un pregio ma al tempo stesso un enorme difetto. Lui va sul sicuro. Anche troppo, a volte scadendo nel banale, caratterizzando troppo i personaggi positivi e negativi. Vedi la famiglia di Pienaar in Invictus, tipica famiglia bianca abituata a comandare in Sud Africa, che guarda con preoccupazione e paura alla salita di Mandela. Oppure la famiglia di Kowalski in Gran Torino, classico stereotipo di chi si dimentica dei genitori anziani. Insomma, mi sembra che Eastwood per lanciare i suoi messaggi usi storie facili e lineari, con figure e delle tipologie di personaggi molto standardizzati. Un po' ti imbocca col cucchiaino.
Certamente non riesco a pretendere qualcosa di spiazzante da un ottantenne con simpatie repubblicane, diciamo. Però la sensazione è quella.


Piccolo blooper che mi è sembrato di notare: quando preparano il viaggio in America le guardie del corpo esaminano invece il fascicolo del viaggio a Taiwan.

sabato 27 febbraio 2010

Il calcio inglese porta i libri in tribunale

Un interessante articolo di Enrico Franceschini (La Repubblica) su quanto sta avvenendo nel calcio inglese. E' da un po' che si parla degli enormi debiti dei clubs della premier, si tratta di una bolla che probabilmente sta (finalmente) per esplodere.
Non amo molto il calcio, ma le partite della Premier League le guardo sempre con piacere, per via dell'atmosfera e dell'intensità che perviene anche da dietro a uno schermo. Elementi che credo possano rimanere anche se i problemi finanziari porteranno stravolgimenti.
Certo che a livello europeo bisognerebbe iniziare a fare qualcosa, perché è inutile discutere di quanto siano forti le squadre inglesi quando - e qui cito l'articolo - 18 squadre della Premier League hanno da sole più debiti di tutte le altre 714 squadre europee messe insieme e il 56 per cento del debito calcistico d´Europa proviene dall´Inghilterra.


Il campionato dei record ne stabilisce uno nuovo, di cui farebbe volentieri a meno. Una squadra della Premier League, la massima serie di calcio inglese, è stata messa ieri in amministrazione controllata per fare fronte ai debiti ed evitare il fallimento: è la prima volta che accade nella storia del torneo. Si tratta del Portsmouth che appena nel 2008 vinse la Coppa d´Inghilterra, ma quest´anno è in ultima posizione in classifica, già condannato alla retrocessione, destino adesso ancora più inevitabile perché il dissesto finanziario costerà al club anche una penalizzazione di nove punti.
L´amministrazione controllata è scattata dopo che la società non è riuscita a ottenere nuovi finanziamenti né a trovare un nuovo proprietario, che sarebbe stato il sesto in un anno. I debiti del Portsmouth sfiorano i 70 milioni di euro. L´allenatore, l´israeliano Avram Grant, che due anni or sono guidò il Chelsea, incontrerà i giocatori per decidere un´autoriduzione degli stipendi in modo da aiutare i dipendenti del club che rischiano il licenziamento nel quadro delle ristrutturazioni che saranno varate in amministrazione controllata. L´unica consolazione per i tifosi è che gli amministratori promettono che la squadra finirà il campionato, con la speranza di iniziare il prossimo, sia pure nella serie B inglese, con un bilancio più sano.
«Siamo la prima società della Premier League in amministrazione controllata, ma non saremo l´ultima», affermano i dirigenti del club, e il pronostico non pare esagerato. Secondo un rapporto della Uefa, anticipato dal quotidiano Guardian di Londra, 18 squadre della Premier League hanno da sole più debiti di tutte le altre 714 squadre europee messe insieme. Per l´esattezza, il 56 per cento del debito calcistico d´Europa proviene dall´Inghilterra, e la quota sarebbe ancora più alta se il rapporto considerasse tutte e 20 le squadre della Premier League: invece ne ha lasciate fuori due, che a causa della loro pesante situazione debitoria non avevano ricevuto la licenza della Uefa, il West Ham e - guarda caso - il Portsmouth.
Complessivamente, le 18 squadre della Premier League hanno debiti per quasi 4 miliardi di euro, quattro volte di più del campionato che si piazza secondo in questa speciale classifica dei bilanci in rosso, la Liga spagnola; e al terzo posto c´è la serie A italiana, con circa mezzo miliardo di euro di debiti. Ciò avviene nonostante il fatto che la Premier League sia di gran lunga il torneo che incassa più soldi da diritti televisivi e altre attività commerciali: una media di 122 milioni di euro a club, contro i 79 milioni a club della Bundesliga tedesca, il secondo campionato più ricco da questo punto di vista. Il presidente della Uefa, Michel Platini, intende usare il rapporto per dimostrare la gravità della tendenza del calcio europeo a spendere più di quello che guadagna, prendendo denaro in prestito da banche e investitori, e la necessità del nuovo regolamento finanziario che imporrà a tutti i club europei di avere il bilancio in pareggio a partire dalla stagione 2012-2013.
Altrimenti di Portsmouth potrebbero essercene parecchi, e non solo in Inghilterra.

mercoledì 24 febbraio 2010

Still here dancin' with the GrooGrux King

Doverosa premessa: adoro la Dave Matthews Band, la ascolto da una dozzina d'anni e da allora ogni volta (quindi poche) che ha fatto capolino da queste parti, cerco di andarci. Mi persi il concerto di Lucca dello scorso anno, ma all'attivo ho lo show di Bruxelles e poi i primi timidi contatti di Dave con il nostro continente (Londra da solo e Milano con Tim Reynolds). Altra premessa: non amo i dischi nuovi. Il penultimo fa cagare, e non credo di stare esagerando. Il nuovo ha qualche bel momento, diciamo che sfiora la sufficienza, ma insomma, sono consapevole che il percorso che la band ha intrapreso non mi soddisfa a pieno, e pazienza. Ciò non toglie che dal vivo siano sempre uno spettacolo, con concerti che durano almeno due ore e mezza, grandi musicisti che fanno quel che sanno fare meglio, e lo fanno divertendosi.
Ora, dando un'occhiata alle scalette di questo tour europeo, prima del concerto di Roma avevo un po' di preoccupazioni: la pessima acustica del PalaLottomatica e l'abnorme quantità di canzoni nuove che stavano inserendo in scaletta.
Per quanto riguarda il primo punto sono riuscito a risolvere il tutto buttandomi in ultima fila, appoggiato alle transenne del mixer. Non ho potuto fare esperimenti con il gruppo di supporto perché quando sono arrivato quando gli Alberta Cross avevano già finito, e quindi mi sono fidato della (scarsa) esperienza concertistica. Ogni tanto spariva il violino, la voce a volte aveva un po' di riverbero, ma bene o male si era trovato un buon compromesso.
Compromesso che è invece venuto a mancare con i pezzi di nuovi, ma vabbè. Alla fine è il tour di promozione del disco, certo. Però parliamo di 8 canzoni (sulle 12 totali) del nuovo album. E considerando che non è che la band passi da queste parti ogni giorno, che puoi dire "vabbè, almeno quel classicone l'ho già sentito sei mesi fa". Detto questo, la cosa che mi ha lasciato perplesso sul momento è stata la disposizione della scaletta, anche se alla fine non è stato del tutto un male che sia stato così.
Mi spiego meglio: lì per lì non mi è piaciuta la scelta di iniziare il concerto con quattro pezzi nuovi, metterci una Warehouse in mezzo tanto per far vedere, e poi piazzarcene un altro del nuovo album e infine You Might Die Trying che invece è di quella ciofeca del disco precedente. Potrete immaginare il mio smarrimento, tanto che ho mandato uno sconfortato sms a Marcello.
Insomma, la prima oretta di concerto mi ha lasciato un po' così: Lying in the hands of God è uno dei pezzi che su disco mi piacciono meno e invece mi ha impressionato favorevolmente, anche se sinceramente come opener non ha una gran presa. Delle nuove bene Funny the way it is e Why I Am. Shake me like a monkey molto meglio su disco. Le altre da bruciare.
Dopodichè finalmente abbiamo iniziato a scaldarci, prima con la cover di The maker di Daniel Lanois e poi con Don't drink the water. Da lì via con una discreta serie di chicche (Crash into me, e vabbè, Crush, inaspettate Grey Street e Jimi Thing in chiusura, un'eccezionale Two Step a concludere invece il set "base").
Band in gran forma, ottimo Jeff Coffin che non avevo mai sentito dal vivo, bene Tim Reynolds che a quanto pare ha lasciato il "Nintendo set" a Milano.
Certo, se vado a vedere la scaletta di Bruxelles 2007 il confronto non regge, ma alla fine è valsa la pena. E allora torno al discorso di prima. Forse è stato un bene levarsi subito il dente dei pezzi nuovi, e uscire con le emozioni di un'intensissima due terzi di concerto.

martedì 23 febbraio 2010

Da G. a G.

Probabilmente non apprezzeresti né la canzone né il messaggio. Ma non me ne passa manco per il cazzo, questa è per te.

domenica 21 febbraio 2010

C'è chi pensa alle chiavi e chi pensa a chiavare



Interessante come il "governo del fare" (ormai il leit motiv di questa campagna elettorale) venga criticato continuamente da quei comunistacci che popolano L'Aquila. Vedi la facinorosa vecchietta della foto in alto.
Contestazioni anche ai danni del Tg1, con la Busi che ammette "Posso solo dire che quello che ho visto all'Aquila in questi giorni con i miei occhi, è molto più grave di come talvolta è stato rappresentato: migliaia di persone sono ancora in albergo, le case non bastano e la ricostruzione non è partita".

Un'affermazione che si commenta da sola. Un film già visto: c'è un'emergenza, la si tampona in maniera non proprio pulita, si raccolgono i consensi e poi si lasciano le cose a se stesse, visto che ci saranno sempre nuove emergenze da affrontare. D'altra parte, è il governo delle emergenze.

A tal proposito, ecco un articolo di Ilvo Diamanti.

giovedì 18 febbraio 2010

Verso le Regionali/2

In Campania si vota non solo per la Regione, ma anche per la Provincia di Caserta. Nicola Cosentino, che ha già dovuto rinunciare alla candidatura a governatore a causa delle inchieste giudiziarie che lo riguardano, avrebbe promesso il posto a Pasquale Giuliano, senatore del Pdl.
A disturbare il tutto, l'Udc, che si è detto disponibile ad appoggiare la candidatura di Caldoro alla Regione se il nome per Caserta fosse stato quello di Zinzi.
Ieri Cosentino avrebbe minacciato le dimissioni, a quanto pare appoggiato da tutta la base casertana.

Alle 16.40 di oggi l'Ansa batte, una dopo l'altra, le seguenti agenzie:

REGIONALI:CAMPANIA;PDL APPOGGERA'CANDIDATO UDC PER CASERTA
(ANSA) - ROMA, 18 FEB - Il Pdl appoggerà il candidato dell'Udc Domenico Zinzi in corsa per la provincia di Caserta, mentre i centristi appoggeranno Stefano Caldoro alla corsa per la presidenza della Campania. E' questa uno delle decisioni che sarebbe stata presa dai due co-fondatori del Pdl Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, nel corso di un pranzo all'hotel De Russie a cui hanno preso parte anche i coordinatori del partito, i capigruppo di Camera e Senato ed i loro vice.

++ PDL: COSENTINO SI DIMETTE DA COORDINATORE CAMPANIA ++
(ANSA) - ROMA, 18 FEB - Il coordinatore campano On. Nicola Cosentino ha comunicato le proprie dimissioni da coordinatore regionale del PdL ai tre coordinatori Nazionali. Lo rende noto un comunicato.(ANSA).


Champagne nelle sedi dei comitati per De Luca? Porta più voti l'Udc o l'apparato di Cosentino?

mercoledì 17 febbraio 2010

Da grande voglio essere Steve Nash



Per chi non lo conoscesse, questo signore ha vinto due volte il titolo di MVP dell'Nba e a 36 anni fa ancora 18 punti e 11 assist di media con percentuali incredibili.

Il video è una parodia di questa pubblicità

lunedì 15 febbraio 2010

Una triste notizia

"Lascio amici cari nel Pd, persone con cui ho condiviso tante imprese e tante battaglie". La senatrice Paola Binetti saluta i vecchi amici del Pd.

venerdì 12 febbraio 2010

Navigando per lo spazio



Continuando con il mio periodo nerd, oggi parliamo di Mass Effect 2. Premetto che solitamente non amo i giochi ambientati nello spazio, ma ne avevo sentito parlare un gran bene e così l'ho acquistato.
Siamo nel 2185, i viaggi nello spazio sono ormai cosa quotidiana. Nel primo episodio Shepard aveva fermato l'invasione dei Razziatori, una razza aliena sintetica che ha la bella abitudine di provocare l'estinzione delle cività. Sull'astronave Normandy tutto procede bene fin quando succede un casino, salta tutto per aria, e a quel punto il nostro eroe muore. Muore? Sì. E che cazzo, iniziamo bene.
Passano due anni e Shepard viene riportato in vita dall'organizzazione Cerberus, che vuole che indaghi sulla scomparsa di intere colonie umane nello spazio e recluti il meglio del meglio per fronteggiare la nuova minaccia.

Un aspetto molto interessante è la possibilità di recuperare i salvataggi di Mass Effect, di modo tale che le scelte compiute nel primo episodio abbiano una loro continuità nel secondo.
Il gioco è bello, lungo, l'atmosfera è affascinante, i personaggi "secondari", ossia quelli da reclutare, alla fine sono i veri protagonisti, con le loro storie ben caratterizzate. E ogni tua scelta o dialogo potrebbe avere una conseguenza su quello che poi accadrà nel corso del gioco. Probabilmente l'aspetto migliore del gioco è proprio il poter dialogare con loro, conoscerli. Anche in senso biblico.
Già il primo episodio aveva fatto discutere per la presenza di scene di sesso (del tutto innocenti, ma c'era anche la possibilità di una scena lesbica (!) con un'aliena (!!!) e quindi apriti cielo). Anche nel secondo hai la possibilità di rimorchiare qualcuno dell'equipaggio, per sentirti anche tu un po' Bertolaso. Voglio dire, in tv si vede di tutto, figurati se ste scene possono turbare qualcuno. Ma come al solito si parla per aprire la bocca.

Cosa manca? Innanzitutto, la trama "principale" è piuttosto ridotta, e si riduce a "recluta i tizi e conquistati la loro lealtà per poi affrontare i cattivoni". Una scelta che, come ho letto su un forum, ricorda i telefilm anni '80, più che i film, dove ci sono varie monopuntate e un mistero di fondo che ogni tanto salta fuori in attesa della final season (ossia il terzo episodio).
Per fortuna le missioni di reclutamento e quelle dedicate a conquistarsi la lealtà di ogni personaggio sono ben fatte e ben caratterizzate.

Altri elementi che non mi sono piaciuti: se è vero che ogni tua scelta può portare a una diretta conseguenza, è anche vero che sul luogo dell'azione di scelte ne hai ben poche. Le mappe di gioco sono create in modo tale da indirizzarti facilmente verso la destinazione.
Inoltre, la (necessaria) raccolta dei materiali per i potenziamenti della nave si riduce a continue e monotone scansioni dei numerosi pianeti esistenti per inviare poi delle sonde per l'estrazione. Su questo c'è da lavorare, in vista del terzo episodio.

Mass Effect 2 è quindi un bel gioco, ma sarebbe potuto essere un gran gioco. Aspettiamo fiduciosi il terzo episodio.

venerdì 5 febbraio 2010

Mens sana in corpore sano

Passando davanti alla palestra che sta a due metri da casa mia, ieri sera, il mio corpo ha iniziato a parlarmi.
"Dai, Vittò, stai messo maluccio. Ormai non ti fai manco più la partitella settimanale di basket. Hai una vita sedentaria, stai facendo un po' di panza, uno scatto e fai il fiatone. Di sto passo a 40 anni vien fuori che sei un cetaceo".

Ho tentennato, lo ammetto. Ho provato una timida replica.
"Corpo, forse non te lo ricordi perché è passato un po' di tempo, ma provai a fare palestra. Tempo due mesi e mi ruppi le palle".
"Sì ma era lontano, questa ce l'hai a due metri da casa, quando hai voglia scendi. Non ti devo manco fare la doccia, torni a casa..."

Stavo cedendo, lo ammetto. A quel punto è intervenuta la mia mente, con semplicità e autorità disarmante. Di chi sa che è lei a comandare, e non vuole sentire ragioni.
"Corpo, scordatelo".

E sapete che non bisogna mai contraddire le donne.

mercoledì 3 febbraio 2010

Guai in vista...



Segnalo questo articolo di Alessandro Gillioli sulla nuova brillante idea che viene da Montecitorio e dintorni. Una cosa simile non passerà mai, ma già che qualcuno ci pensi è da delirio.

Morgan e l'indignazione

La notizia del giorno, chiaramente, è che Morgan fuma crack. I soliti reazionari, che probabilmente negli anni '70 ascoltavano Bobby Solo, ora berciano e si indignano all'inaspettata rivelazione: un musicista che si droga, e che novità è mai questa?

Oltre ad aver sotterrato numerose rockstar, la droga ha spesso avuto una componente fondamentale nel mondo della musica, ha ispirato grandi composizioni. A Morgan, che ha già tentato una poco fortunata marcia indietro alla premier (sono stato frainteso, quelle cose là...) va invece il suggerimento di cambiare pusher, che a giudicare dai suoi lavori la qualità è scarsa.