Ho da poco ripreso i miei sforzi per tornare a una forma fisica non dico accettabile, ma almeno che non sia pessima. Avevo iniziato verso giugno, con 30/40 minuti di cyclette al giorno, con risultati confortanti. Venti giorni di vacanze hanno avuto un effetto devastante.
Ma a quanto pare una vera e propria catastrofe naturale si sta per abbattere su di me. A pochissimi (ma proprio pochissimi) metri da casa mia, a quanto pare, sta per aprire un kebabbaro. La speranza è che sia incapace, altrimenti sono un uomo finito. E chiatto.
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venerdì 3 settembre 2010
venerdì 23 aprile 2010
Pellone, che mi combini?
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Quella che vedete qui in alto è una delle pizze standard di Pellone, pizzeria storica di Napoli nei prezzi di Piazza Nazionale, non proprio uno dei posti più belli della mia città a dire il vero. Un luogo classico delle uscite serali. Con Dario e Stefano, almeno una volta al mese, ci ritroviamo per andarci a mangiare una pizza là.
Andiamo perché è ottima, sia nella versione tradizionale (o, ancora meglio, con la mozzarella di bufala), sia quella fritta con ricotta e cicoli, decisamente sconsigliata ai deboli di stomaco. Aggiungiamoci una birra e con 12/13 euro sei sazio e felice. Insomma, una di quelle classiche pizzerie dove mangi tanto e spendi poco.
Stasera solita pizzata, e al momento del conto scopriamo che la pizza con la mozzarella di bufala è aumentata a 10 euro. Ora, se mi state leggendo da Milano, non vi stupirete. Ma qua a Napoli una margherita costa sui 5 euro, una con la mozzarella di bufala, se è cara, arriva sugli 8 euro. Che mi pare fosse il prezzo precedente, tra l'altro. E vedersela aumentare in questo modo... boh, ci ha stupito.
Peccato, Pellone, peccato...
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abbuffate
lunedì 29 marzo 2010
Datemi un porcino e vi solleverò il mondo
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Dopo questa battuta d'avanspettacolo, passiamo al fulcro del post. Scampagnata domenicale, era da tanto che non ne facevo una. La prima domenica primaverile è coincisa con la presenza di Puccio (un amico dal cranio di beluga che s'è trasferito a Milano, ndV) e così abbiam pensato bene di andare a farci un giretto.
La meta il ristorante "Il Gastronomo" di Montemarano, frazione Ponteromito, in provincia di Avellino. Frazione alla quale si accede, almeno secondo il TomTom, da una discesa ripidissima, dove i miei freni fumanti han pensato bene di farsi anche loro una scampagnata. Credo siano ancora là.
Per fortuna al termine della discesa c'è proprio il ristorante, quindi sollievo per noi e per la macchina.
Gli antipasti li gestisce la casa: bruschette con pomodorini e con crema di tartufi; prosciutto crudo, ricotta di Montella e scamorza; involtino di prosciutto crudo con crema di tartufo; scagliette di polenta; insalata rucola, scaglie di parmigiano e porcini; funghi porcini arrostiti (una meraviglia, si scioglievano in bocca); purè con uno strato di provola e porcini.
Per primo io punto sui cavatielli con pomodorini, lardo di colonnata e ricotta di Montella grattugiata. La maggioranza si butta invece su degli ottimi ravioli di ricotta al tartufo.
Per secondo c'è chi va sull'agnello, chi va sulla bistecca, io sento pronunciare ancora una volta la parola "porcini" e quindi per me una tagliata di controfiletto ai funghi porcini.
Dolci meravigliosi anche da vedere. Al classico tortino al cioccolato si accompagnano un cestino di pastafrolla con crema di limone e frutta e un millefoglie all'amarena.
Tutto ottimo e a prezzo conveniente.
Escursione consigliata nei dintorni: Laceno con il suo lago. Trattasi di rinomata, a quanto pare, località sciistica. Arrivati a Bagnoli Irpino si sale parecchio, arrampicandosi sui tornanti, e si arriva al lago. Visto il periodo, tanta quiete. Per gli amanti dell'avventura circumnavigando il lago è anche possibile imbattersi in un residence abbandonato abbastanza spettrale.
venerdì 3 aprile 2009
Vagando per la Corsica/8
Finiamo qui il lungo racconto del mio viaggetto corso della passata estate. Dunque, risveglio traumatico. La sera, prima di andare a dormire, avevamo messo ad asciugare degli asciugamani su una specie di rete metallica che divideva il campeggio da un prato vicino. Veniamo svegliati da campanacci provenienti appunto da quel prato, e mi fiondo fuori dalla tenda pensando al mio asciugamano preda di mucche golose. Per fortuna erano solo pecore scorazzanti, quindi possiamo dirigerci tranquillamento verso Sisco, una località a circa 20km (tutte di curve ovviamente) da Bastia, da dove partiremo il giorno seguente. Avete presente il "dito" della Corsica, ossia quel promontorio che si protende verso la Liguria? Bene, St. Florent si trova praticamente alla base sinistra del dito, mentre Sisco è più o meno nella metà della base destra. Ovviamente, avendo l'intera giornata a disposizione, non tagliamo per Bastia ma optiamo per fare il giro. Prendiamo quindi la D80, che percorre tutto Cap Corse. Non arriviamo in punta ma svoltiamo per Luri, tagliando quindi per l'interno. Si sale, si sale, si sale, si arriva alla fantomatica Torre di Seneca, dove dicono abbia passato il suo esilio (ma dovrebbe essere una balla), e poi si riscende.
Poco dopo Santa Severa, incontriamo una spiaggia dove c'è un'acqua tipo Bahamas. Per la precisione, la spiaggia di Misincu a Cagnano. Neanche arriviamo alla spiaggia: vediamo il mare, accostiamo in una piazzola, e ci fiondiamo lungo una ripidissima discesa che porta su degli scogli, a debita distanza dalla spiaggia. C'è solo una signora che prende il sole, per il resto è un paradiso tutto nostro.
Il camping è molto carino, arrampicato su una montagna con piazzole "naturali" divise da alberi e pietre. C'è una coppia di piemontesi ossessionata dal cane che è con loro (Jimmyyyyy.... Jimmyyyyy) ma va bene così.
La sera andiamo a Erbalunga, porticciolo molto carino e chiudiamo alla grande anche il nostro tour gastronomico, cenando a L'Esquinade: classica zuppa corsa di pesce con crostini, salsa rouille e formaggio; delle ottime cozze con burro e pesto; la solita orata per Lisa e una signora anatra al miele e maquis per me, saporitissima.
Un paio di dati chilometrici: abbiamo percorso in totale, compresa andata e ritorno da Napoli, 1800km. Tempo in auto: 32 ore e 44 minuti. Velocità media: 55 km/h. E se considerate che nella media dovete considerare circa 800km di autostrade a 130 km/h, potete immaginare quanto si vada piano in Corsica!
Poco dopo Santa Severa, incontriamo una spiaggia dove c'è un'acqua tipo Bahamas. Per la precisione, la spiaggia di Misincu a Cagnano. Neanche arriviamo alla spiaggia: vediamo il mare, accostiamo in una piazzola, e ci fiondiamo lungo una ripidissima discesa che porta su degli scogli, a debita distanza dalla spiaggia. C'è solo una signora che prende il sole, per il resto è un paradiso tutto nostro.
Il camping è molto carino, arrampicato su una montagna con piazzole "naturali" divise da alberi e pietre. C'è una coppia di piemontesi ossessionata dal cane che è con loro (Jimmyyyyy.... Jimmyyyyy) ma va bene così.
La sera andiamo a Erbalunga, porticciolo molto carino e chiudiamo alla grande anche il nostro tour gastronomico, cenando a L'Esquinade: classica zuppa corsa di pesce con crostini, salsa rouille e formaggio; delle ottime cozze con burro e pesto; la solita orata per Lisa e una signora anatra al miele e maquis per me, saporitissima.
Un paio di dati chilometrici: abbiamo percorso in totale, compresa andata e ritorno da Napoli, 1800km. Tempo in auto: 32 ore e 44 minuti. Velocità media: 55 km/h. E se considerate che nella media dovete considerare circa 800km di autostrade a 130 km/h, potete immaginare quanto si vada piano in Corsica!
giovedì 26 marzo 2009
Vagando per la Corsica/7
La strada che da Calvi porta a St. Florent è abbastanza massacrante. Si passa per il deserto degli Agriates, che non è un vero e proprio deserto ma una zona aspra, selvaggia. Il problema è che sono tutte curve decisamente ravvicinate, non fai in tempo a finirne una che già stai svoltando di nuovo.
Alloggiamo poco fuori St. Florent, ma come sempre l'obiettivo principale è quello culinario, visto che - guarda caso - arriviamo per pranzo. Ci fiondiamo all'Osteria di San Martinu, a Patrimonio, che è consigliata dalle guide, e ci facciamo servire ottime cote de porc e cote d'agneau, innaffiati da vino locale.
Ecco, il vino locale. Allora, Patrimonio è un paesino che più o meno si affaccia su una strada principale che sale per colline che hanno la fortuna di essere dolci, a differenza della maggior parte dei rilievi corsi, e baciate dal sole. In poche parole, a quanto pare è una zona adatta per il vino, e infatti la strada di cui sopra conta 6/7 aziende vinicole. Ovviamente, le più celebri diventano mete da visitare. Si degusta, si compra, si riempie il portabagagli ormai stracolmo. La sola Annalisa porterà a casa 20 (venti, contate, non si esagera) bottiglie di ottimo vino corso. Io meno della metà, mi concentro più sui salami per mio fratello. Per fugare sospetti di alcolismo, segnalo che nel momento in cui sto scrivendo alcune bottiglie devono ancora essere consumate.
Detto questo, si torna al livello del mare, per una breve sosta in spiaggia e poi St. Florent, che è molto carina nonostante il casino. Per meglio dire, c'è la piazza centrale che è moderna ed evitabile, ma poi ci sono angoli piacevoli come quello nella foto sotto.
Si vede che siamo vicini, in linea d'aria, all'Italia, perché la conformazione della zona ricorda molto zone litoranea italiane. Ora, non sono mai stato in Liguria, ma me la immagino molto simile.
Tra l'altro dietro a quei palazzi c'è la zona più moderna, e soprattutto un porticciolo turistico che è enorme se confrontato alla piccolezza del paesino. Ma di barche ce ne sono davvero tantissime, alcune della quali da spavento. Mangiando a Le Catebas (almeno mi pare), dove siamo serviti da cameriere visibilmente alticce nonostante fosse abbastanza presto, fantastichiamo sui possibili introiti di un'attività gastronomica in zona.
(Avrei finito la puntata, ma giusto per non smentirmi vi dico che abbiamo mangiato insalata di mare, buona e fresca, Lisa un'orata e io delle triglie piene di erbette. Mangiato bene, i piatti molto curati anche esteticamente).
Alloggiamo poco fuori St. Florent, ma come sempre l'obiettivo principale è quello culinario, visto che - guarda caso - arriviamo per pranzo. Ci fiondiamo all'Osteria di San Martinu, a Patrimonio, che è consigliata dalle guide, e ci facciamo servire ottime cote de porc e cote d'agneau, innaffiati da vino locale.
Ecco, il vino locale. Allora, Patrimonio è un paesino che più o meno si affaccia su una strada principale che sale per colline che hanno la fortuna di essere dolci, a differenza della maggior parte dei rilievi corsi, e baciate dal sole. In poche parole, a quanto pare è una zona adatta per il vino, e infatti la strada di cui sopra conta 6/7 aziende vinicole. Ovviamente, le più celebri diventano mete da visitare. Si degusta, si compra, si riempie il portabagagli ormai stracolmo. La sola Annalisa porterà a casa 20 (venti, contate, non si esagera) bottiglie di ottimo vino corso. Io meno della metà, mi concentro più sui salami per mio fratello. Per fugare sospetti di alcolismo, segnalo che nel momento in cui sto scrivendo alcune bottiglie devono ancora essere consumate.
Detto questo, si torna al livello del mare, per una breve sosta in spiaggia e poi St. Florent, che è molto carina nonostante il casino. Per meglio dire, c'è la piazza centrale che è moderna ed evitabile, ma poi ci sono angoli piacevoli come quello nella foto sotto.
Si vede che siamo vicini, in linea d'aria, all'Italia, perché la conformazione della zona ricorda molto zone litoranea italiane. Ora, non sono mai stato in Liguria, ma me la immagino molto simile.
Tra l'altro dietro a quei palazzi c'è la zona più moderna, e soprattutto un porticciolo turistico che è enorme se confrontato alla piccolezza del paesino. Ma di barche ce ne sono davvero tantissime, alcune della quali da spavento. Mangiando a Le Catebas (almeno mi pare), dove siamo serviti da cameriere visibilmente alticce nonostante fosse abbastanza presto, fantastichiamo sui possibili introiti di un'attività gastronomica in zona.
(Avrei finito la puntata, ma giusto per non smentirmi vi dico che abbiamo mangiato insalata di mare, buona e fresca, Lisa un'orata e io delle triglie piene di erbette. Mangiato bene, i piatti molto curati anche esteticamente).
venerdì 20 marzo 2009
Vagando per la Corsica/6
Ultima giornata a Calvi e dintorni, la giornata prevede un giro della Balagna, ossia la zona immediatamente alle spalle di Calvi, dove iniziano a spuntare le prime montagne. Prendiamo la D451 e si inizia subito a salire. Il primo paese è Montegrosso dove già si vede un bel panorama: il comune è diviso in diverse frazioni che si susseguono strada facendo incastrate tra le montagne. Dopodichè c'è Zilia, località celebre per l'acqua che viene imbottigliata. Ma noi, da vecchi ubriaconi che non siamo altro, leggiamo che in zona c'è l'azienda vinicola che produce il Domaine d'Alzipratu. La troviamo un po' a fatica. Essendo domenica, sarebbe chiusa, ma il gestore ci fa assaggiare un po' di vino senza problemi. Ora non ricordo esattamente, ma mi pare fosse marocchino. Comunque, era musulmano, e la cosa ci lascia un po' stupiti. Facciamo due chiacchiere tentando di capirci - un po' a fatica - e lui ci spiega che molti anni prima era venuto in Corsica, gli era piaciuta, si era trovato bene, e aveva deciso di trasferircisi. Da cosa nasce cosa ed eccolo là...
Prendiamo qualche bottiglia che sistemiamo nel bagagliaio, che ormai sembra sempre di più un supermercato, e ci rimettiamo in marcia verso Calenzana, famosa perché da lì solitamente parte il GR20. Dico solitamente perché volendo uno può partire anche dall'altra parte, però normalmente si inizia da qui. Paesino tranquillissimo, c'è qualche escursionista, dietro si vedono delle montagne. Giriamo un po' fino a pranzo, e a quel punto dirottiamo la nostra attenzione su Chez Michel (noto anche come La Calenzana). Ora, Michel è il proprietario, assomiglia tremendamente a Steve Nash, ha fatto il cuoco a Parigi e anche lui si è trasferito in Corsica. Per primo ci propone un ottimo cinghiale alla corsa. Cinghiali che caccia lui nel corso dell'anno. In un altro recipiente ci portano degli spaghetti che ovviamente tocchiamo poco. Il capolavoro è nell'aria... ed è il soufflè al brocciu. Temevamo fosse una bomba calorica, invece è un dolce soffice e gustoso. Fantastico.
A fatica, ci rimettiamo in auto, prendiamo la D151 e poi la D551, e si continua a salire verso Sant'Antonino, un paese totalmente arroccato su un'altura. Più che farci una camminata per il paese, lo scaliamo, visto che ci sono dei tratti in pietra, che tra l'altro portano ad abitazioni! Ci immaginiamo le anziane signore corse a trascinare senza problemi la spesa per le pareti rocciose, e caracolliamo verso Pigna.
Pigna è un paesino ancoooora più piccolo che si stava spopolando irrimediabilmente. Cosa hanno fatto allora? Lo hanno trasformato in una sorta di riserva artistica, alla quale puoi accedere rigorosamente a piedi. Uno dopo l'altro, si succedono laboratori di musica, ceramiche, scultura, pittura e quant'altro.
A quel punto si riscende verso Corbara e siamo di nuovo in riva al mare, per l'ultima serata al campeggio e a Calvi. Non resistiamo, e bissiamo il vitello di U Minellu.
Prendiamo qualche bottiglia che sistemiamo nel bagagliaio, che ormai sembra sempre di più un supermercato, e ci rimettiamo in marcia verso Calenzana, famosa perché da lì solitamente parte il GR20. Dico solitamente perché volendo uno può partire anche dall'altra parte, però normalmente si inizia da qui. Paesino tranquillissimo, c'è qualche escursionista, dietro si vedono delle montagne. Giriamo un po' fino a pranzo, e a quel punto dirottiamo la nostra attenzione su Chez Michel (noto anche come La Calenzana). Ora, Michel è il proprietario, assomiglia tremendamente a Steve Nash, ha fatto il cuoco a Parigi e anche lui si è trasferito in Corsica. Per primo ci propone un ottimo cinghiale alla corsa. Cinghiali che caccia lui nel corso dell'anno. In un altro recipiente ci portano degli spaghetti che ovviamente tocchiamo poco. Il capolavoro è nell'aria... ed è il soufflè al brocciu. Temevamo fosse una bomba calorica, invece è un dolce soffice e gustoso. Fantastico.
A fatica, ci rimettiamo in auto, prendiamo la D151 e poi la D551, e si continua a salire verso Sant'Antonino, un paese totalmente arroccato su un'altura. Più che farci una camminata per il paese, lo scaliamo, visto che ci sono dei tratti in pietra, che tra l'altro portano ad abitazioni! Ci immaginiamo le anziane signore corse a trascinare senza problemi la spesa per le pareti rocciose, e caracolliamo verso Pigna.
Pigna è un paesino ancoooora più piccolo che si stava spopolando irrimediabilmente. Cosa hanno fatto allora? Lo hanno trasformato in una sorta di riserva artistica, alla quale puoi accedere rigorosamente a piedi. Uno dopo l'altro, si succedono laboratori di musica, ceramiche, scultura, pittura e quant'altro.
A quel punto si riscende verso Corbara e siamo di nuovo in riva al mare, per l'ultima serata al campeggio e a Calvi. Non resistiamo, e bissiamo il vitello di U Minellu.
sabato 14 marzo 2009
Vagando per la Corsica/4
La strada che va da Porto e Calvi è la D84. Sono circa 70 km e uno dei motivi per cui abbiamo approntato l'itinerario in senso orario è perché in questo modo la percorriamo dal lato interno. Lo so che è meno bello, ma soffro di vertigini e visto che dall'altro lato c'è un perenne dirupo, è meglio così. Più che altro perché è una delle tappe più faticose, devi sempre tenere alta l'attenzione a causa della carreggiata strettissima e gli spuntoni di roccia che ti costringono ad affrontare curve cieche. Il consiglio delle guide, in questo caso, è quello di fare un bel colpo di clacson. Comunque la strada è meravigliosa, il paesaggio è selvaggio, montagne rosse a strapiombo su baie dall'acqua cristallina.
Lo stress cala avvicinandosi al mare, quando ci scappa anche qualche rettilineo in pianura. A Calvi soggiorniamo al Camping Paduella, a circa 3km a sud dalla città. Sono molto cortesi, ci danno una piazzola spaziosa, non lontanissima dai bagni (pulitissimi). Montiamo la tenda, aggiungendoci gli acquisti della mattinata, una prolunga per l'elettricità e il nastro isolante per tenere fermo un paletto che ho rotto con grande perizia smontandola in mattinata. Dopodiché spiaggia, a 300 metri dal campeggio. L'acqua è molto pulita, c'è un po' di vento. A pochissimi centimetri dalla spiaggia ci sono i binari della Tramway de Balagne, un trenino di due vagoni che serve le località balneari della costa. In lontananza, la cittadella di Calvi.
Ed ora passiamo al vero protagonista della vacanza, ossia il ristorante U Minellu. Ambiente carino, con un bel pergolato, ristorante a conduzione familiare. Come vino prendiamo un Domaine Orsini di Calenzana, buono ma non al livello di quelli assaggiati finora. Come antipasto prendiamo una omelette al brocciu e alla menta selvatica, buona anche se forse in certi punti la menta copre un po' il sapore del formaggio :guidamichelin:
Ora, Lisa prende un agnello (nel vero senso della parola, visto che è metà bestia) con patate ottimo, ma il capolavoro è il vitello. Innanzitutto lo portano nella padella in cui lo cuociono, ancora sfrigolante, ma è qualcosa di paradisiaco. E' con pancetta, salsa ai funghi e patate, Carne tenerissima, patate gustose, salsina ottima. Molto buona anche la torta alle castagne e alle mele. Torniamo in tende con la ferma intenzione di contraddire il nostro teorema per il quale bisogna girare più ristoranti possibile.
Lo stress cala avvicinandosi al mare, quando ci scappa anche qualche rettilineo in pianura. A Calvi soggiorniamo al Camping Paduella, a circa 3km a sud dalla città. Sono molto cortesi, ci danno una piazzola spaziosa, non lontanissima dai bagni (pulitissimi). Montiamo la tenda, aggiungendoci gli acquisti della mattinata, una prolunga per l'elettricità e il nastro isolante per tenere fermo un paletto che ho rotto con grande perizia smontandola in mattinata. Dopodiché spiaggia, a 300 metri dal campeggio. L'acqua è molto pulita, c'è un po' di vento. A pochissimi centimetri dalla spiaggia ci sono i binari della Tramway de Balagne, un trenino di due vagoni che serve le località balneari della costa. In lontananza, la cittadella di Calvi.
Ed ora passiamo al vero protagonista della vacanza, ossia il ristorante U Minellu. Ambiente carino, con un bel pergolato, ristorante a conduzione familiare. Come vino prendiamo un Domaine Orsini di Calenzana, buono ma non al livello di quelli assaggiati finora. Come antipasto prendiamo una omelette al brocciu e alla menta selvatica, buona anche se forse in certi punti la menta copre un po' il sapore del formaggio :guidamichelin:
Ora, Lisa prende un agnello (nel vero senso della parola, visto che è metà bestia) con patate ottimo, ma il capolavoro è il vitello. Innanzitutto lo portano nella padella in cui lo cuociono, ancora sfrigolante, ma è qualcosa di paradisiaco. E' con pancetta, salsa ai funghi e patate, Carne tenerissima, patate gustose, salsina ottima. Molto buona anche la torta alle castagne e alle mele. Torniamo in tende con la ferma intenzione di contraddire il nostro teorema per il quale bisogna girare più ristoranti possibile.
giovedì 12 marzo 2009
Vagando per la Corsica/3
La strada che porta da Corte a Porto (96km) è qualcosa di incredibile. Dopo 15km di N193 in direzione Bastia, a Francardo si prende la D84 che passa per la valle del Niolo, una delle zone più selvagge dell'isola. La D84 è l'unica strada che la serve. Il Niolo, lungo il quale sorge una centrale elettrica, scava sta valle (appunto) in mezzo a montagne di puro granito. Annalisa scatta all'impazzata, e buona metà del mio hard disk è occupata da foto di rocce. All'inizio il paesaggio è brullo, come vedete dalla foto che descrive una simpatica e ampia strada corsa.
Si sale, e anche parecchio, e l'atmosfera inizia a cambiare, tutto diventa molto più verde. Maiali e mucche ci attraversano la strada, passiamo in mezzo a boschi e foreste e ci fermiamo ripetutamente per giocare un po' con le bestiole, assolutamente socievoli. Appena scolliniamo, il traffico è bloccato. Da una stradina piomba una carica di capre che inizia a percorrere la strada a tutta velocità. Una scena bellissima. Peccato che l'altra metà del mio hard disk sia occupata da foto di bestie, che vi risparmio.
Il centro di Porto è un villaggio di due strade in riva al mare. Il camping è un paio di chilometri più su, arrampicato sulla montagna. Si chiama "Sole e vista" ed è disposto su terrazzamenti. Non è male, anche se i bagni sono un po' troppo "open air". Annalisa è la reginetta della tenda e quindi abbiamo tutto il tempo per andare a mare, risalire al campeggio e scendere per farci due passi e mangiare. Nella foto, invece, vi cuccate la torre genovese.
La sera, il dramma. Puntiamo il ristorante U Pescador, che a quanto pare è celebre perché il proprietario è conosciuto come "il re delle aragoste". Ghiotto del crostaceo, penso bene che lo sfizio vada levato nonostante il costo, e già mi pregusto la cena. Il ristorante è pieno, e ci manda da quello affianco, Le Robinson, che comunque si avvale dello stesso fornitore. Ed ecco il dramma: per l'aragosta è necessario la prenotazione. Depresso, leggo sulla guida che le cozze corse sono ottime e allora mi rifugio in uno spaghetto ai frutti di mare. La tristezza mi offusca le capacità intellettive e dimentico di come non si debba prendere quasi mai la pasta all'estero. E infatti vien fuori uno spaghetto bollito. Per fortuna il resto della cena è ottimo. La zuppa di pesce corsa è favolosa: si prendono i crostini, ci si strofina l'aglio, una spolverata di formaggio sul crostino, dopodiché si spalma questa salsa rouille che a quanto pare è fatta con pane, aglio e peperoncino, e si intinge il tutto nella zuppa. Veramente squisito. Lisa si prende un'orata che la rende entusiasta, soprattutto in rapporto al prezzo, dice. Il vino è un ottimo Domaine Vico bianco. Insomma, a parte il mio errore, si mangia bene, anche se il servizio è un po' lento, con solo due persone a servire. Ma non abbiamo fretta e soprattutto siamo sul mare.
Si sale, e anche parecchio, e l'atmosfera inizia a cambiare, tutto diventa molto più verde. Maiali e mucche ci attraversano la strada, passiamo in mezzo a boschi e foreste e ci fermiamo ripetutamente per giocare un po' con le bestiole, assolutamente socievoli. Appena scolliniamo, il traffico è bloccato. Da una stradina piomba una carica di capre che inizia a percorrere la strada a tutta velocità. Una scena bellissima. Peccato che l'altra metà del mio hard disk sia occupata da foto di bestie, che vi risparmio.
Il centro di Porto è un villaggio di due strade in riva al mare. Il camping è un paio di chilometri più su, arrampicato sulla montagna. Si chiama "Sole e vista" ed è disposto su terrazzamenti. Non è male, anche se i bagni sono un po' troppo "open air". Annalisa è la reginetta della tenda e quindi abbiamo tutto il tempo per andare a mare, risalire al campeggio e scendere per farci due passi e mangiare. Nella foto, invece, vi cuccate la torre genovese.
La sera, il dramma. Puntiamo il ristorante U Pescador, che a quanto pare è celebre perché il proprietario è conosciuto come "il re delle aragoste". Ghiotto del crostaceo, penso bene che lo sfizio vada levato nonostante il costo, e già mi pregusto la cena. Il ristorante è pieno, e ci manda da quello affianco, Le Robinson, che comunque si avvale dello stesso fornitore. Ed ecco il dramma: per l'aragosta è necessario la prenotazione. Depresso, leggo sulla guida che le cozze corse sono ottime e allora mi rifugio in uno spaghetto ai frutti di mare. La tristezza mi offusca le capacità intellettive e dimentico di come non si debba prendere quasi mai la pasta all'estero. E infatti vien fuori uno spaghetto bollito. Per fortuna il resto della cena è ottimo. La zuppa di pesce corsa è favolosa: si prendono i crostini, ci si strofina l'aglio, una spolverata di formaggio sul crostino, dopodiché si spalma questa salsa rouille che a quanto pare è fatta con pane, aglio e peperoncino, e si intinge il tutto nella zuppa. Veramente squisito. Lisa si prende un'orata che la rende entusiasta, soprattutto in rapporto al prezzo, dice. Il vino è un ottimo Domaine Vico bianco. Insomma, a parte il mio errore, si mangia bene, anche se il servizio è un po' lento, con solo due persone a servire. Ma non abbiamo fretta e soprattutto siamo sul mare.
mercoledì 11 marzo 2009
Vagando per la Corsica/2
A pochi passi da Corte c'è la valle della Restonica, dove è possibile fare un'escursione tra le più famose in un'isola che è il paradiso assoluto dei camminatori, vd. il famoso GR20. Facciamo la spesa al market Casino, uno dei punti fermi della nostra vacanza. C'è da fare una quarantina di chilometri lungo la D623, una stradina fatte di rampe che lentamente ti porta al piazzale da dove partire con l'escursione. La strada è stretta, praticamente una corsia e mezzo, e spesso vi capiterà di dovervi fermare per cedere il passo. C'è qualche improbabile ponticello e ovviamente l'immancabile precipizio dove scorre il torrente della Restonica.
Si arriva quindi al parcheggio (5€), meglio noto come le Bergeries des Grottelles, di cui parleremo anche successivamente. Da lì via alla camminata. Se non siete ferrati, come noi, calcolate che sono circa 8 km tra andata e ritorno per arrivare al Lac de Melu. Quello de Capitellu è un po' più su ma noi ci siamo fermati al primo. Conviene muoversi sul presto per evitare affollamenti e per scalare senza il sole a picco sulla testa.
Il sentiero giallo parte abbastanza morbidamente ma poi contiene qualche tratto un po' complicato per noi profani. Niente di terribile da superare, comunque! A un terzo della scalata c'è un rifugio, dove ci fermeremo al ritorno e dove un pastore vende formaggio dall'odore deciso. Il panorama è maestoso, incantevole: quiete assoluta e attorno solo montagne.
A 2/3 del cammino il tratto diventa un po' più aspro, e per superare alcuni passaggi bisogna sfruttare delle catene che sono state installate gentilmente a cui appoggiarti, oppure delle scale di ferro.
Dopodiché, finalmente, il lago! Siamo a 1700 metri d'altezza, e per sei mesi l'anno qui c'è solo ghiaccio. Visto che difficilmente riproveremo un'esperienza simile, decidiamo di sfidare il gelo e di immergerci moooolto lentamente, mentre attorno a noi eroici bambini si tuffano senza problemi. Tanto è lenta l'immersione, tanto rapida la nostra emersione.
La discesa, specie nel primo tratto, è parecchio complicata, perché si rischia di scivolare. Preciso però che non è che fossimo attrezzatissimi, quindi eravamo senza bastoni e scarpe da trekking. Alle Bergeries il meritato riposo. Bottiglione d'acqua, ma soprattutto il gestore ci fa assaggiare un po' di charcuterie di altissimo livello. A quel punto parte lo shopping gastronomico, compreso il formaggio strepitoso che porteremo in Italia e il cui odore ci farà compagnia a lungo.
La sera invece ceniamo di nuovo a Corte. Il ristorante si chiama U Passa Tempu, il locale è molto carino, scavato nella roccia. Prendiamo sempre il menu da 15 euro più un buon vino, il San Micheli da Sartene. Del vino ne riparleremo più avanti. La solita immancabile charcuterie, poi ravioli e cannelloni al brocciu (meglio i ravioli, alle erbe) e un po' di formaggi assortiti. Non male.
Si arriva quindi al parcheggio (5€), meglio noto come le Bergeries des Grottelles, di cui parleremo anche successivamente. Da lì via alla camminata. Se non siete ferrati, come noi, calcolate che sono circa 8 km tra andata e ritorno per arrivare al Lac de Melu. Quello de Capitellu è un po' più su ma noi ci siamo fermati al primo. Conviene muoversi sul presto per evitare affollamenti e per scalare senza il sole a picco sulla testa.
Il sentiero giallo parte abbastanza morbidamente ma poi contiene qualche tratto un po' complicato per noi profani. Niente di terribile da superare, comunque! A un terzo della scalata c'è un rifugio, dove ci fermeremo al ritorno e dove un pastore vende formaggio dall'odore deciso. Il panorama è maestoso, incantevole: quiete assoluta e attorno solo montagne.
A 2/3 del cammino il tratto diventa un po' più aspro, e per superare alcuni passaggi bisogna sfruttare delle catene che sono state installate gentilmente a cui appoggiarti, oppure delle scale di ferro.
Dopodiché, finalmente, il lago! Siamo a 1700 metri d'altezza, e per sei mesi l'anno qui c'è solo ghiaccio. Visto che difficilmente riproveremo un'esperienza simile, decidiamo di sfidare il gelo e di immergerci moooolto lentamente, mentre attorno a noi eroici bambini si tuffano senza problemi. Tanto è lenta l'immersione, tanto rapida la nostra emersione.
La discesa, specie nel primo tratto, è parecchio complicata, perché si rischia di scivolare. Preciso però che non è che fossimo attrezzatissimi, quindi eravamo senza bastoni e scarpe da trekking. Alle Bergeries il meritato riposo. Bottiglione d'acqua, ma soprattutto il gestore ci fa assaggiare un po' di charcuterie di altissimo livello. A quel punto parte lo shopping gastronomico, compreso il formaggio strepitoso che porteremo in Italia e il cui odore ci farà compagnia a lungo.
La sera invece ceniamo di nuovo a Corte. Il ristorante si chiama U Passa Tempu, il locale è molto carino, scavato nella roccia. Prendiamo sempre il menu da 15 euro più un buon vino, il San Micheli da Sartene. Del vino ne riparleremo più avanti. La solita immancabile charcuterie, poi ravioli e cannelloni al brocciu (meglio i ravioli, alle erbe) e un po' di formaggi assortiti. Non male.
martedì 10 marzo 2009
Vagando per la Corsica/1
Grazie alla cortese disponibilità dei miei genitori, sempre siano lodati, l'equipaggio formato da me e Annalisa (che non guida) può disporre della scintillante Grande Punto di famiglia. Li ricambierò consegnandogliela tutta impolverata e soprattutto impregnata di odore di caciotta corsa. Serviranno 3 giorni di porte spalancate a 1300 metri di altezza e due lavaggi per levare il simpatico aroma. Detto questo, la bozza di viaggio prevede un tour della Corsica centro-settentrionale, visto che abbiamo circa una settimana e non vogliamo stressarci. Il traghetto è di mattina presto da Livorno, così ci avviamo il giorno prima (tappa Napoli-Livorno: 574 km). Alloggiamo all'Hotel Mediterraneo, a 5' dal porto. L'hotel è moderno ed è comodissimo per chi deve partire il giorno dopo, ma attorno non c'è molto. Noi comunque non abbiamo né voglia né tempo di girare, che il giorno dopo la sveglia è all'alba. Appuriamo che affacciamo sulla raffineria, appuriamo che il direttore è un omino un po' inquietante, ci mangiamo uno spaghetto allo scoglio senza infamia e senza lode al ristorante dell'albergo e la giornata è finita.
La giornata successiva non poteva iniziare in maniera migliore: il porto di Livorno è organizzatissimo, nessuna nuvola in cielo e il viaggio in nave scorre tranquillo. Arriviamo a Bastia poco dopo ora di pranzo. La tappa (Bastia-Corte: 75 km sulla N193) è breve e probabilmente la più agevole del viaggio. Si tratta infatti di una delle arterie principali, con biforcazioni verso Calvi, Bonifacio, Ajaccio. Noi andiamo in direzioni Ajaccio. Raramente ci sono due corsie di marcia, il limite cambia una continuazione da 70 a 90 a 100 e viceversa, ma il traffico è scorrevole anche in occasione delle tante rotatorie.
Vista dal mare, la Corsica con le sue montagne sembra il Trentino infilato nell'acqua. Dalla strada invece ci sono diversi spaccati d'Italia. A destra, colline con ville che collocheresti in Toscana. A sinistra un paesaggio brullo con il mare in lontananza che sa di Puglia.
Si svolta verso Corte, la strada si fa più bella e selvaggia, si inizia a salire passando tra le montagne e costeggiando improbabili binari ferroviari. Lo scarso traffico rende davvero piacevolissima la guida, inizio a divertirmi.
Se per gran parte del viaggio pernotteremo in tenda, le montagne di Corte ci hanno fatto optare per un B&B, il Kyrn Flor, 3km dopo Corte in direzione Ajaccio. Il cartello è un po' nascosto, sulla sinistra, e facciamo la conoscenza con le piazzole corse in sterrato.
Il Kyrn Flor è un paradiso, o poco ci manca. In mezzo alla campagna, in cima a una collinetta che affaccia su una valle (in cui non è che ci sia molto :D ), ha una distilleria per le erbe e soprattutto una piscina dove ci buttiamo in meno di venti secondi. Le camere sono accoglienti, in una casetta di pietra. Scopriremo poi che per colazione ci sarà servita marmellata "autoprodotta". L'unico difetto è che la N193, ma un po' si "sente", turbando la quiete e il relax. Ma poi passa.
Corte è una città decisamente indipendentista, come gran parte delle zone interne (e di tutta l'isola, va!). Probabilmente i corsi non potrebbero sopravvivere senza la Francia, e ormai il movimento si è un po' disperso. Corte come città è carina, ma i palazzi della strada principale avrebbero bisogno di una ripassata. Ma della città parliamo dopo, perché s'è fatta ora di cena. Il tempo di prendere un po' di frittelle al brocciu (panzarotti con il formaggio tipico corso, una specie di ricotta, ne riparleremo...) a una bancarella fuori alla cittadella, e a metà dell'arrampicata per la cittadella c'è U Museu che dall'aspetto sembra interessante.
Innanzitutto partiamo dalla classica charcuterie, composta da del figatellu, la coppa e il lonzu, che è probabilmente il salume migliore. Sapori molto decisi, selvatici. Intanto si assaggiano le prime birre del luogo, se la Serena è insapore la Pietra è amarostica, un retrogusto di castagna. Se fredda scende che è un piacere, è anche pesantina. Cinghiale al salmì ai mirtilli, ottimo, la porzione sembra inoffensiva ma in realtà ti stende. Come dolce prendiamo il fiadone, discreto, con l'immancabile brocciu, una sensazionale delizia alle castagne. Proveremo a prenderla altrove ma non sarà mai così buona e delicata.
Tornando alla città, è divisa in due parti: quella vecchia è una cittadella arroccata, molto caratteristica, con tanti vicoletti con abitazioni e con vista splendida sulle valli sottostanti. Quella più recente, invece, come detto, avrebbe bisogno di una rinnovata. La strada principale è piena di locali e porta alla piazza dove c'è la statua di Pasquale Paoli, l'eroe corso. Il tutto si gira in pochissime ore.
La giornata successiva non poteva iniziare in maniera migliore: il porto di Livorno è organizzatissimo, nessuna nuvola in cielo e il viaggio in nave scorre tranquillo. Arriviamo a Bastia poco dopo ora di pranzo. La tappa (Bastia-Corte: 75 km sulla N193) è breve e probabilmente la più agevole del viaggio. Si tratta infatti di una delle arterie principali, con biforcazioni verso Calvi, Bonifacio, Ajaccio. Noi andiamo in direzioni Ajaccio. Raramente ci sono due corsie di marcia, il limite cambia una continuazione da 70 a 90 a 100 e viceversa, ma il traffico è scorrevole anche in occasione delle tante rotatorie.
Vista dal mare, la Corsica con le sue montagne sembra il Trentino infilato nell'acqua. Dalla strada invece ci sono diversi spaccati d'Italia. A destra, colline con ville che collocheresti in Toscana. A sinistra un paesaggio brullo con il mare in lontananza che sa di Puglia.
Si svolta verso Corte, la strada si fa più bella e selvaggia, si inizia a salire passando tra le montagne e costeggiando improbabili binari ferroviari. Lo scarso traffico rende davvero piacevolissima la guida, inizio a divertirmi.
Se per gran parte del viaggio pernotteremo in tenda, le montagne di Corte ci hanno fatto optare per un B&B, il Kyrn Flor, 3km dopo Corte in direzione Ajaccio. Il cartello è un po' nascosto, sulla sinistra, e facciamo la conoscenza con le piazzole corse in sterrato.
Il Kyrn Flor è un paradiso, o poco ci manca. In mezzo alla campagna, in cima a una collinetta che affaccia su una valle (in cui non è che ci sia molto :D ), ha una distilleria per le erbe e soprattutto una piscina dove ci buttiamo in meno di venti secondi. Le camere sono accoglienti, in una casetta di pietra. Scopriremo poi che per colazione ci sarà servita marmellata "autoprodotta". L'unico difetto è che la N193, ma un po' si "sente", turbando la quiete e il relax. Ma poi passa.
Corte è una città decisamente indipendentista, come gran parte delle zone interne (e di tutta l'isola, va!). Probabilmente i corsi non potrebbero sopravvivere senza la Francia, e ormai il movimento si è un po' disperso. Corte come città è carina, ma i palazzi della strada principale avrebbero bisogno di una ripassata. Ma della città parliamo dopo, perché s'è fatta ora di cena. Il tempo di prendere un po' di frittelle al brocciu (panzarotti con il formaggio tipico corso, una specie di ricotta, ne riparleremo...) a una bancarella fuori alla cittadella, e a metà dell'arrampicata per la cittadella c'è U Museu che dall'aspetto sembra interessante.
Innanzitutto partiamo dalla classica charcuterie, composta da del figatellu, la coppa e il lonzu, che è probabilmente il salume migliore. Sapori molto decisi, selvatici. Intanto si assaggiano le prime birre del luogo, se la Serena è insapore la Pietra è amarostica, un retrogusto di castagna. Se fredda scende che è un piacere, è anche pesantina. Cinghiale al salmì ai mirtilli, ottimo, la porzione sembra inoffensiva ma in realtà ti stende. Come dolce prendiamo il fiadone, discreto, con l'immancabile brocciu, una sensazionale delizia alle castagne. Proveremo a prenderla altrove ma non sarà mai così buona e delicata.
Tornando alla città, è divisa in due parti: quella vecchia è una cittadella arroccata, molto caratteristica, con tanti vicoletti con abitazioni e con vista splendida sulle valli sottostanti. Quella più recente, invece, come detto, avrebbe bisogno di una rinnovata. La strada principale è piena di locali e porta alla piazza dove c'è la statua di Pasquale Paoli, l'eroe corso. Il tutto si gira in pochissime ore.
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