Ho approfittato della vacanza a Barcellona per leggere finalmente "Marina" di Carlos Ruiz Zafón. A dire il vero l'ho letto in buona parte sul volo di ritorno, ma fa lo stesso.
Ecco, da questo vorrei partire, perché arrivato al (mio) terzo libro di Zafón, per quanto l'ispirazione della vacanza catalana fosse importante, credo che "cambiare un po' aria" possa fare bene alla fantasia dell'autore. Marina, infatti, si incastra nel filo conduttore dei due racconti precedenti che avevo letto (L'ombra del vento e Il gioco dell'angelo, le cui storie son comunque collegate). Gli elementi sono gli stessi: una storia che punta molto sulle atmosfere misteriose, con lo sfondo di una Barcellona cupa e intrigante.
Potremmo quindi parlare di ripetitività, se non fosse che Marina è stato scritto prima dei due libri sopra citati. Se da un lato Zafón con il suo stile semplice e avvolgente (basta farsi un giro su internet per vedere quanto piaccia) riesce sempre a coinvolgere il lettore e a tenere alta l'attenzione e il coinvolgimento, creando una splendida storia di amicizia tra due adolescenti, dall'altro la cupissima parte horror-fantasy non convince per nulla. Devo essere onesto? Senza mezzi termini e senza spoilerare, m'è parsa proprio una cazzata. Dai, i proiettili d'argento, ma porca troia, l'hai scritto nel 1999, anche allora era uno degli stereotipi più abusati di sempre.
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