lunedì 29 novembre 2010

Mestizia

"Non è così che deve morire un uomo. Un paracadute che non si apre, questo è un bel modo di morire. O restare intrappolato tra gli ingranaggi di una macchina. O un lappone che con un morso ti strappa le palle. E' così che me ne voglio andare!"

lunedì 8 novembre 2010

giovedì 28 ottobre 2010

Shopping parallelo

Bertolaso: "Ho segnalato i comuni da commisariare, scoprendo in seguito che il 70% erano del centrodestra. Mi è stato detto che non era politicamente opportuno".


Passo da Fnac e acquisto Fallout: New Vegas, seguito di un capolavoro di cui già vi parlai. Anche in questo caso si tratta di avventure che accadono in uno scenario apocalittico, nella cosiddetta Zona Contaminata.
Vado al pieno inferiore, compro "La Peste", il libro di Tommaso Sodano su tutto quello che c'è dietro lo scandalo dei rifiuti in Campania.

E inizio a pensare che tra due anni acquisterò Fallout: Terzigno. La nuova Zona Contaminata.

mercoledì 13 ottobre 2010

Onore alla tigre Maroni

Per chi volesse approfondire un po' le vicende del tifo serbo, segnalo un articolo uscito da Limes un po' di tempo fa.


Serbia: tifo e politica tra violenze e turbofolk
Le tribù dei tifosi violenti sono in agitazione. Gli incidenti prima del gay pride. Nei Balcani i campi di calcio sono campi di guerra, tra politica, malavita e corruzione. Il ruolo degli hooligans nella dissoluzione della Jugoslavia.
Fonte: "Limes, rivista italiana di geoolitica"

"Il calcio, considerato obiettivamente, è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna. Spinto da questa considerazione ho deciso di fare le mie indagini. E mi è stato subito chiaro che ogni centro di attività calcistica, ogni football club, è organizzato come una piccola tribù, completa di territorio tribale, anziani della tribù, stregoni, eroi: entrando nei loro domini mi sono sentito come un esploratore del passato intento a esaminare per la prima volta una vera cultura primitiva...”
La tribù del calcio (Desdmond Morris, 1981)

Se il calcio è in qualche modo lo specchio della società, nei Balcani c’è sicuramente qualche problema. Due episodi si sono verificati tra settembre e ottobre in Serbia e in Bosnia Erzegovina, due tifosi sono morti uccisi dai fans, due giovanissimi, il francese Brice Taton (28) e il sarajevese Vedran Pulić (24), cessano di vivere e diventano due icone, due foto in primo piano esposte nei rispettivi stadi, nei blog e forum in internet, sulle magliette, con sotto la scritta R.I.P.

Come è potuto succedere? Cosa significa? Si dice sempre che il primo atto della guerra tra Serbia e Croazia avvenne durante una partita mai giocata tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa di Belgrado, ormai simboli di un’identità nazionale più che calcistica. Il calcio del capitano della Dinamo Zvonimir Boban, ad un poliziotto (che rappresentava il potere, quindi i serbi) in difesa dei tifosi croati, fu il primo atto eroico della guerra che seguirà. Secondo Simon Kuper nel calcio “Lo spazio resta allo stesso tempo spazio pubblico e luogo di dissenso. I simboli e le bandiere del calcio sono la maschera sotto la quale si celano talvolta identità segrete e incontrollabili”. Nei Balcani questo vale ancora di più.

Lo scorso 17 settembre si giocava a Belgrado la partita valida per la coppa Uefa Partizan – Tolosa. Un gruppo di ragazzi francesi era andato nella capitale serba per fare un po’ di vacanza. Belgrado, si sa, è famosa per la vita notturna e il divertimento. In un bar in pieno centro, il giorno della partita, vengono attaccati da un commando di tifosi del Partizan che arriva con premeditazione e ben armato, mazze di ferro e da baseball. Si accaniscono su uno dei francesi Brice Taton (28 anni) che morirà 12 giorni dopo in seguito alle ferite.

L’incidente avviene a pochi giorni dal “Belgrade pride”, la prima gay parade dopo quella disastrosa del 2001 che finì con molti feriti in seguito all’attacco di ultra-nazionalisti e hooligans e all’inerzia colpevole della polizia. Il pride avrebbe dovuto svolgersi il 20 settembre a Belgrado, ma il 19 settembre gli organizzatori ne hanno proclamato la cancellazione poiché il governo ha dichiarato che non avrebbe potuto garantire la sicurezza per il suo svolgimento nel centro cittadino. Nelle settimane erano cresciuti gli allarmi dovuti a graffiti e alle dichiarazioni che annunciavano bagni di sangue firmati da tifosi e alcuni gruppi cosiddetti “patriottici” (1). L’attacco ai francesi ha dato la spallata finale alla decisione del governo serbo che si era impegnato con gli organizzatori del pride più per entrare in Europa che per convinzione.

La morte del giovane francese il 29 settembre, seguita ad altri episodi di attacchi a cittadini stranieri nei giorni successivi a quella fissata per il gay pride suscita un’ondata di disgusto e di tristezza in Serbia, migliaia di cittadini sono scesi in piazza a protestare contro la violenza degli hooligans. Molti hanno avuto un flashback: le violenze di regime da una parte e le prime manifestazioni contro Milosević dall’altra (2).

Allo stesso tempo la risposta dello stato è stata dura, subito sono state identificate e arrestate 11 persone coinvolte nell’omicidio di Taton (tutti tra i 18 e i 22 anni e uno di 27), mentre il presunto mandate (conosciuto come trafficante di droga di alto livello) è fuggito in Olanda. L’accusa ha chiesto 40 anni di carcere ciascuno e la procura generale della Repubblica ha ordinato la chiusura di 14 gruppi registrati, 3 della Stella Rossa, 6 del Partizan e 4 del Rad.

Chi sono gli hooligans?

“In tutta la Serbia ci saranno circa 2000 ultrà – spiega Vuk Cvijić cronista del Blic che ha seguito le vicende di queste settimane per il giornale serbo – 1000 di questi hanno già avuto problemi con le autorità”. I più violenti sono quelli delle due squadre maggiori il Partizan e la Stella rossa e di una squadra minore sempre della capitale serba, il Rad conosciuto per avere una tifoseria con simpatie neonaziste.

Le ideologie però non sono così importanti “Da qualche anno ha preso piede negli stadi una nuova generazione di tifosi – racconta Cvijić – i cui capi hanno 25 anni e sono quelli più vecchi. Sono ragazzini che sono cresciuti sotto le sanzioni della Serbia di Milosević, erano abbastanza grandi per i bombardamenti e nel dopo-regime si sono trovati senza prospettive”.

L’unica idea a cui attaccarsi diventa quindi la squadra del cuore e il gruppo che si crea allo stadio da una parte, mentre dall’altra quella di fare abbastanza soldi per comprarsi belle macchine, vestiti firmati e fare la bella vita negli “splav” le discoteche sulla Sava e sul Danubio dove si suona uno dei prodotti più tipici degli anni novanta in questo paese, il “turbo-folk” (3). “I gruppi dei tifosi diventano in pratica delle bande malavitose che si occupano di spaccio e di racket”. I “Grobari” (becchini) tifosi del Partizan si occupano principalmente di vendere droga, mentre i “Delije” (eroi) si occupano dei locali, chiedono soldi oppure semplicemente si presentano in gruppo bevono, si comportano in maniera minacciosa in perfetto stile gangster, senza pagare ovviamente.

“Entrare nel clan però non è automatico – racconta Cvijić – i più giovani devono dimostrare di sapere entrare in azione all’occorrenza. C’è una sorta di prove di forza da passare prima di accedere ai privilegi del gruppo: l’attacco ai francesi era una di queste prove probabilmente sfuggita di mano”.

Non solo, i tifosi hanno un’influenza determinante nella politica della squadra, sono presenti nel consiglio di amministrazione dei club ma soprattutto utilizzano la sottile minaccia fisica costante di un gruppo di uomini che si può muovere come un commando. E avere influenza sulla politica della squadra significa avere influenza su una notevole fabbrica di soldi esentasse, poiché il livello di corruzione del calcio serbo è conclamato: dalle partite truccate alla compravendita dei giocatori con “doppio prezzo”, alla corruzione portata dai procuratori dei giocatori (4). “Nel 2004 – dice un giornalista sportivo che preferisce rimanere anonimo – il direttore tecnico della Stella Rossa Dragan Džajić, leggenda dei biancorossi, la “terza stella” del calcio serbo, si dimette ufficialmente per motivi di salute. Guarda caso pochi mesi prima i “Delije” avevano chiesto la sua testa per l’eliminazione dalla coppa Uefa”.

“Si è scritto abbastanza degli hooligans – dice Kuper in “Calcio e Potere”– ma ci sono dei tifosi più pericolosi”. Come spiega Alberto Piccinini nella introduzione al volume di Kuper, “ La tentazione dei regimi autoritari è da sempre quella di utilizzare il calcio come macchina di consenso” (5).

Anche gli hooligan in Serbia non sono mai solo corruzione e malavita, a partire dalla fine degli anni Ottanta inizio Novanta sono entrati con frequenza nelle vicende politiche della dissoluzione della Jugoslavia. L’etnologo serbo Ivan Čolovič, che da sempre studia la nascita dei nazionalismi in questa parte del mondo, nel suo “Campo da calcio campo di guerra” (Mesogea 1999) spiega come la retorica nazionalista si sviluppa e si articola nelle tifoserie e i primi scontri interetnici sono le violenze allo stadio tra squadre croate e squadre serbe.

Željio Ražnatović detto Arkan, è il capo dei Delije nei primissimi anni Novanta, a lui si darà il merito di disciplinare la tifoseria della Stella Rossa, ma sarà anche dalle file degli hooligan che prenderà i primi volontari per le sue “Tigri” un gruppo di paramilitari serbi tra i più sanguinari nella guerre di Bosnia e Kosovo (6).

Secondo Cvijić però i seguaci di Arkan erano una parte minoritaria del tifo “Le curve della Stella rossa e del Partizan erano tradizionalmente contro Milosević, Arkan ha provato a portarle con tutti i mezzi dalla parte di “Slobo”, ma ha perso la battaglia e pochi anni dopo è partito dagli stadi il primo slogan contro il presidente serbo: ‘Fai un favore alla Serbia Milosević: suicidati’ che poi è diventato quello delle manifestazioni anti-regime della seconda parte degli anni Novanta”.

E ancora nel 2008 gli hooligans saranno protagonisti dell’assalto alle ambasciate occidentali durante la manifestazione contro l’indipendenza del Kosovo, (21 febbraio 2008). Un giovane tifoso di Novi Sad muore all’interno dell’ambasciata americana clamorosamente mandata a fuoco da orde di tifosi che se non furono manovrati, certo fu lasciato loro molto spazio di manovra (7).

Per questo anche nelle recenti vicende c’è chi si domanda chi ha lasciato fare gli hooligans a ridosso del gay pride. Sicuramente nei giorni precedenti c’era stato un coordinamento con i due principali gruppi nazionalisti “movimento 1389” e “Obraz” i cui membri spesso sono anche attivi nelle curve.

Il professore della facoltà di studi sulla sicurezza Zoran Dragišić (8) in un editoriale punta il dito sulle possibili complicità di livelli più alti con gli hooligans che rischiano di essere superati da un dibattito pubblico che verta unicamente sulla violenza (9). Le domande che pone Dragišić sono: chi c’è dietro? chi li finanzia? Quale sponda politica hanno? Ma in Serbia nessuno risponde mai a queste domande.

Note

(1) I più attivi sono Obraz (che significa sia volto che orgoglio) e Movimento 1389 (anno della sconfitta dei serbi in Kosovo). Più volte si è paventata l’idea di chiudere questi gruppi, considerati il cuore della violenza politica nazionalista, ma si pensa che suscitino simpatie in molti partiti dell’arco parlamentare, dai radicali ai Dss di Kostunica. Vedi Cecilia Ferrara, “Una questione di Stato”, Osservatorio Balcani, 18 settembre.
(2) Danijela Nenadic, “Sotto assedio”, Osservatorio Balcani, 5 ottobre 2009.
(3) Volk è popolo, turbo è il sistema di iniezione di combustibile del cilindro del motore . Turbo folk è combustione del popolo. Qualsiasi stimolo di questo processo è turbo folk. Infiammare le più basse passioni dell'homo sapiens. Turbo Folk non è musica, turbo folk è l'incanto delle masse, cacofonia di tutti i gusti e tutti gli odori”. Famosa definizione di Rambo Amadeus cantante serbo.(sito Balkan Rock, “Turbo Folk, 24 luglio 2007).
(4) La Serbia dopo l’Argentina ha il numero più alto di procuratori al mondo.
(5) Simon Kuper, “Calcio e Potere”, Isbn Edizioni 2008.
(6) “Nel folklore dei tifosi in Serbia il tema dell’identità etnica, fino ad allora sporadico e proibito, compare in qualità di contenuto predominante di pari passo con la comparsa nell’ambito della comunicazione politica e della propaganda, in particolare nelle grandi manifestazioni populistiche di massa che diedero l’impronta alla vita politica della Serbia e del Montenegro nel corso del 1988 e 1989” (Colovic, op.cit. , p.43).
(7) Giuseppe Zaccaria in “A Belgrado e' complotto contro Tadic Ultra', polizia e politici: la rete di complicita' che ha messo all'angolo il Presidente serbo Il giorno dopo il rogo alle ambasciate”, La Stampa 23 febbraio 2008.
(8) Coinvolto nel piano della sicurezza per il Belgrade Pride.
(9) Zoran Dragisic “Kako protiv nasiljia?” Obijektiv, 13 ottobre 2009, p.114..

domenica 10 ottobre 2010

Una serata per niente seria (fortunatamente)

I trasporti pubblici a Napoli, si sa, fanno abbastanza schifo. Se la metropolitana collinare, più nuova e moderna, viene chiamata "piccola Svizzera" per il semplice fatto che funziona, potete capire a che livello siamo. Aggiungiamo che se sei fortunatio acchiappi la fascia oraria che prevede la frequenza ogni 6 o 8 minuti. Altrimenti devi aspettare 10' e anche 12' o 15'. La sera si chiude attorno alle 23, e solo il sabato si riesce a fatica a toccare la mezzanotte.
Insomma, un disastro.
Dei pullman neanche parlo: fatiscenti, affollati, spesso soggetti a rotture e a salti di corse.
L'Anm però ha da poco introdotto i bus notturni per alcune tratte. Un'idea civile, ed essendo una pensata ottima, hanno avuto la geniale intuizione di non pubblicizzarla quasi per nulla.
E' nato così The Night Bus Late Show, un evento organizzato anche e soprattutto grazie al passaparola su internet, che ha coinvolto 14 band napoletane (per 7 tratte), che si sono esibite "clandestinamente" (che se si aspettava l'Anm stavamo freschi) sui bus per sensibilizzare ragazzi e istituzioni all'utilizzo delle linee. Insomma per pubblicizzarle un po'.

Un successone, nonostante tanti disagi. Se una mia amica sulla tratta dal Cardarelli al Parcheggio Brin non ha avuto alcun problema, al contrario ho letto di varie corse saltate o soppresse.
Noi ci siamo invece diretti a Piazzale Tecchio, dove era prevista anche l'esibizione di un gruppo (The Soundblast Overprong) dove suona mio fratello. Secondo i programmi, avrebbero dovuto prendere il bus delle 0.45, ma il pullman dove era prevista l'esibizione precedente ha tardato di mezz'ora, e così hanno dovuto aspettare l'esibizione dei JFK e la sua bella bionda, che hanno riempito l'autobus all'inverosimile.
Si aspetta, si aspetta, e il bus non torna. Intanto presso il Piazzale i vari gruppi in attesa degli autobus (alcuni dei quali non arriveranno mai) si esibiscono. E' una bella sensazione, gente che si diverte e che canta.

Finalmente torna l'N6. Gli autisti non sembrano felicissimi dell'iniziativa. Alcuni minacciano (traduco dal napoletano) di chiamare la polizia se i ragazzi salgono un'altra volta con gli strumenti.
Ci informiamo sul passaggio del prossimo bus. Non sanno, dicono. L'N6 si è (misteriosamente) rotto e bisogna pazientare. Intanto loro si vanno a prendere un caffè.
I ragazzi nel piazzale non demordono e continuano a suonare. Io inizio a pensare che in questa città certe cose non si possono fare, non c'è la voglia e la mentalità di fare qualcosa di nuovo e di diverso. Di fare sì che le cose funzionino.

Alle 2.30 arriva un nuovo N6. Lo show può continuare.
Ovviamente noi ci eravamo appena allontanati! Il resto è un furioso inseguimento al bus per poter finalmente salire e obliterare 'sto cazzo di biglietto.

giovedì 7 ottobre 2010

L'era dell'ultraviolenza

Statuette lanciate, fumogeni contro sindacalisti, insulti e spaghettate in piazza, vaffanculi, dossieraggio, servizi segreti deviati in azione, attentati (finti?) a direttori di giornali, perquisizioni (per quanto legittime) nella sede di un quotidiano.
Nel paese la tensione ha raggiunto il limite. Mi sembra ben oltre l'orlo di una crisi di nervi.
Non si tratta, però, di una tensione sociale, legata a fini economici (le motivazioni ci sarebbero tutte, tra giovani, precari, cassintegrati, licenziati, professionisti, etc.), che parte dal basso e può dire la sua per rovesciare le cose. E' invece una tensione tutta politica, tra poteri contrapposti, che si azzuffano come galli in un pollaio per affermare la propria superiorità.

A prenderla in culo, il cosiddetto "paese reale", ormai immobile e prono.

mercoledì 6 ottobre 2010

E' tutto un magna magna

Anticonformismo


PREMESSA: se siete amanti del cinema correte altrove. Quelle che seguono sono righe all'insegna della profonda ignoranza.

Visto che è piaciuto a tutti, qualcuno sa spiegarmi perché Inception non mi ha saputo lasciare così entusiasta? Ok, è realizzato molto bene, la storia sa catturarti, le ambientazioni sono fantastiche, la recitazione è buona, il finale aperto ti dà anche la possibilità di discuterne con gli amici.
Tutto questo nonostante il ritmo ogni tanto cali e ci siano troppi "spiegoni" per non farti sentire un'imbecille di fronte allo svolgimento dell'azione.
E allora cosa c'è che non va? Sarà il ritrovarsi, pochi mesi dopo Shutter Island, di nuovo Di Caprio ad agire tra le pieghe più oscure della mente con i sensi di colpa per la moglie morta?
Non è un brutto film eh! E' che non capisco tutto questo sensazionalismo.

martedì 5 ottobre 2010

La montagna (nera) va da Maometto

Pur rimanendo un buon lavoro, "Wilderness Heart" dei Black Mountain non raggiunge a mio avviso le alte vette del suo predecessore, "In the future". Al di là di quella immane schifezza di "Let Spirits Ride" (e dell'orrida copertina), il livello si mantiene discreto. Ma i momenti migliori arrivano in occasione delle canzoni più lente. Tra cui questa, che mi sta facendo impazzire.

lunedì 4 ottobre 2010

Grande giornalismo

Il papà che non t’aspetti. Lunedì scorso in tarda mattinata, all’uscita di un asilo privato al quartiere Parioli di Roma, è spuntato nientemeno che Angelino Alfano. Il Guardasigilli andava a prendere il suo bimbo: con discrezione, come un genitore qualsiasi, e infatti la scorta s’è mantenuta a debita distanza, assicurano i presenti. Alfano, vestito di scuro, elegantissimo come sempre, non è certo passato inosservato tra le mamme, attraendo inevitabilmente i loro sguardi. E il ministro della Giustizia, da galantuomo siciliano, come si conviene, ha salutato le donne che erano assieme a lui in attesa dei pargoli, galante e sorridente nelle strette di mano.


Tutto vero eh!
http://www.ilgiornale.it/interni/papa_angelino_passa_dallasilo/22-09-2010/articolo-id=474927-page=0-comments=1

giovedì 23 settembre 2010

Bertolaso ci illumina

«Non si capisce per quale ragione oggi ci sia a Napoli la spazzatura nelle strade, c’è qualcosa che non mi torna». Lo dice il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, intervenuto alla trasmissione «Radio anch’io» commentando la situazione che si va profilando in Campania. Stiamo assistendo, spiega, «a dei tentativi di smarcarsi, di passare il cerino a qualcun altro o di dire che qualcosa non è stata fatta bene quando ce ne siamo occupati noi». Tentativi che però non hanno ragione di esistere: «abbiamo fatto le discariche e sistemato il ciclo di raccolta della spazzatura - sottolinea - avviato la raccolta differenziata in maniera seria e realistica e abbiamo aperto l’impianto di Acerra, che a detta di tutti è il miglior termovalorizzatore che c’è in Italia». Dunque, conclude «non si capisce perchè oggi vi sia la spazzatura nelle strade».


mi cadono le braccia.

- le discariche si sono riempite. Capita.
- la differenziata è stata avviata ma s'è fermata all'avvio. colpa dei Comuni in questo caso. tra l'altro lo stesso Comune di Napoli non ha soldi per estendere le aree di azione per le zone (la maggior parte della città) dove ancora non c'è la differenziata, e anzi faticano a portarla avanti in quei pochi quartieri dove c'è.
- l'impianto di Acerra è talmente il migliore d'Italia che oltre a produrre polveri sottili in quantità industriale ha due linee su tre ferme.

lunedì 20 settembre 2010

2008? No, 2010


Ricorda qualcosa? A me sì. Oggi il Pdl Campania ha parlato di nuovo di "emergenza rifiuti". Ma come, Silvio non aveva risolto tutto? Eh no, è colpa della Iervolino. Indovinate per cosa si vota tra qualche mese...

venerdì 17 settembre 2010

Una bella idea

A mani giunte
Ottima idea, quella che arriva dal governatore Zaia: una Bibbia per ogni studente veneto.
Se l'effetto è lo stesso di quello che si verifica puntualmente con l'Eneide e I Promessi Sposi, nel giro di qualche decennio l'Italia sarà un paese completamente ateo.


venerdì 10 settembre 2010

Comunicato

La redazione esprime il proprio appoggio e una profonda solidarietà ai calciatori italiani che hanno deciso di scioperare (che poi quando uno sciopera di solito si dice che incrocia le braccia; un calciatore che incrocia, le gambe?). Nonostante la mia etica biasimi chi guadagna milioni di euro e si permette anche di scioperare con motivazioni ridicole ("siamo trattati come oggetti"), sapete bene che nel mio caso la pigrizia vince sempre. Quindi, chi si astiene dal lavoro fa sempre bene.

venerdì 3 settembre 2010

Catastrofe

Ho da poco ripreso i miei sforzi per tornare a una forma fisica non dico accettabile, ma almeno che non sia pessima. Avevo iniziato verso giugno, con 30/40 minuti di cyclette al giorno, con risultati confortanti. Venti giorni di vacanze hanno avuto un effetto devastante.
Ma a quanto pare una vera e propria catastrofe naturale si sta per abbattere su di me. A pochissimi (ma proprio pochissimi) metri da casa mia, a quanto pare, sta per aprire un kebabbaro. La speranza è che sia incapace, altrimenti sono un uomo finito. E chiatto.

mercoledì 1 settembre 2010

Tira e molla


Ho uno stranissimo rapporto con la lettura. Ci sono lunghi periodi in cui non tocco una pagina, anche per mesi. Poi, scatta qualcosa. A volte basta un weekend fuori, o una mezza giornata libera. Inizio a leggere e non la smetto più. Nei mesi estivi, in particolare, un po' perché i ritmi son più rilassati, un po' perché riesco a sfruttare l'ozio di Pescocostanzo, divoro libri in quantità industriale. Tra l'altro leggo molto velocemente, con il risultato che:
a) posso finire libri da 250/300 pagine in un pomeriggio (vd. l'ultimo Zafòn, che poi è il suo primo, ma vabbè)
b) a distanza di due giorni non mi ricordo più un cazzo.

Probabilmente questo mio metodo è quanto di più antitetico ci possa essere alla buona lettura, ma non so che farci.
Dopo un'estate di avida lettura, sono ripiombato nella fase di apatia. Stasera, non avendo un tubo da fare, ho provato ad aprire un libro della pila che si sta rapidamente accumulando sullo scaffale che destino ai volumi da leggere: niente, non son neanche riuscito a concludere la prima riga.

Guai a toccare il crocifisso!

Ma l'inno di Mameli sì

 Vietato affiggere a scuola il testo dell'Inno di Mameli. Lo stop arriva dalla maggioranza leghista del Comune di Ponteranica, alle porte di Bergamo, con la bocciatura di una mozione presentata in aula dal consigliere comunale del Pdl Luca Oriani. Il rappresentante del Popolo della Libertà aveva presentato un ordine del giorno per chiedere l'affissione dell'inno nazionale negli istituti scolastici del paese, al fine di "promuovere tra gli studenti la conoscenza del loro inno, con la speranza di poter consolidare il sentimento di coesione e appartenenza ad una stessa Patria che dovrebbe accomunare tutti i cittadini". La proposta, suggerita dalla segreteria nazionale del Pdl e già recepita in numerosi comuni italiani, ha però trovato l'ostacolo dei consiglieri leghisti, che l'hanno respinta a maggioranza. Il motivo? A Ponteranica i rappresentanti del Carroccio non si sentono italiani, il vicesindaco infatti ha affermato: "Non mi sento italiano ma purtroppo lo sono".

domenica 29 agosto 2010

Etica della fotografia digitale

Mi piace fotografare, ma la solita pigrizia al momento mi vieta di potermi definire un fotoamatore o qualcosa del genere. Interessante questo post apparso sul blog di Michele Smargiassi per Repubblica, che si sofferma sulla tendenza, nel mondo della rete, a ricercare quali foto diffuse dagli organi di informazione siano ritoccate in maniera significativa/evidente post produzione. Cosa buona e giusta, in alcuni casi, ma il rischio di un'esagerazione è sempre forte, come dimostra il caso scoppiato attorno al ritocco che vedete qui a lato.
Il fotografo si è limitato a far "sparire" la testa di un caddy, che compariva sullo sfondo dell'immagine. Poteva benissimo lasciarcela, è vero. Ma la sua presenza/assenza non è che vada ad inficiare la qualità dell'immagine. Semplicemente, credo che la seconda sia più vendibile ad un'agenzia fotografica. E non essendo stati eliminati dettagli rilevanti, personalmente non ci vedo nulla di male.



Ora, Smargiassi scrive
Questo è quel che succede oggi: le foto sbagliate possono avere una seconda chance con molta meno fatica che nell’era della camera oscura. E’ umano per un fotografo non voler buttar via il proprio lavoro, io mi chiedo soltanto questo: la consapevolezza di avere sempre un paracadute in post-produzione, un comobo efficiente paracadute, quanto inciderà sui comportamenti dei fotografi? Quanto li renderà più rilassati e tolleranti, meno abituati a terere sotto controllo bordi e sfondi, meno pronti a scartare di lato per evitare una composizione errata? Il cambio automatico, il servosterzo, il servofreno sono comodi e a volte essenziali, ma cambiano o no lo stile di guida? Io sospetto di sì. E datemi del nostalgico…
Comprendo il discorso, ma mi sembra limitativo. Un buon fotografo cercherà sempre di tenere sotto controllo bordi, sfondi, posizionamento dell'immagine. La post-produzione è solo una delle parti della composizione di una fotografia, che sia lavoro, che sia arte, che sia un banale scatto per se stesso. E se la tecnologia ci fornisce degli strumenti adatti a rendere migliore il prodotto, perché non approfittarne?
Certo, il rischio truffa è sempre dietro l'angolo...

martedì 24 agosto 2010

Amico Uligano

La tessera del tifoso è arrivata. Finalmente gli stadi sono al sicuro.
Ma leggiamo cosa c'è scritto sul sito di Ticketone, per chi volesse comprare il biglietto per Fiorentina-Napoli.

Attenzione!
PER I TIFOSI DEL NAPOLI E' OBBLIGATORIA LA TESSERA DEL TIFOSO (fisica) NON ritenendosi sufficiente, per l’acquisto del titolo, il possesso di altro documento sostitutivo.

PER I TIFOSI DI TUTTE LE ALTRE SQUADRE E' OBBLIGATORIA LA TESSERA DEL TIFOSO ritenendosi però sufficiente, per l’acquisto del titolo, il possesso di altro documento sostitutivo cioè il Contratto di adesione al programma tessera del tifoso di una qualunque squadra.

lunedì 23 agosto 2010

Su e giù per le colline marchigiane

E' stata un'estate particolare. Negli anni precedenti avevo sempre avuto il problema della tardiva decisione delle ferie, che mi impediva di fatto di organizzare con largo anticipo, con non trascurabili limitazioni anche economiche. St'anno, per tutta una serie di motivi, ero riuscito a pianificare il tutto con un certo margine. Poi è arrivata una serie di sfighe che ormai accompagna tutti i tentativi di viaggio* miei e di Annalisa, e di conseguenza abbiamo dovuto cambiare le carte in tavola, coinvolgendo un amico (Simone) e un fratello (Riccardo) in un vagabondaggio per le Marche.

* New York (rinviato di due mesi visto che una broncopolmonite mi aveva atterrato), Barcellona (a lungo a rischio l'andata, poi al ritorno ci s'è messo pure il vulcano), Londra (sciopero degli aerei e cancellazione del volo), Paesi Baschi (stavolta abbiam dovuto annullare). Capita eh, ma che sfiga.


Detto questo, mentre io e Riccardo eravamo a Pescocostanzo a rifocillarci, gli internetmuniti Lisa e Simone si son messi sotto e hanno dato vita ad un nutritissimo elenco di luoghi dove fermarci a dormire. Una pessima guida del Touring Club (non quella verde, una versione sulla carta meno "ingessata") non ci aiutava molto, ma bene o male un abbozzo di itinerario era fatto. Sei giorni, una tappa attorno a Urbino, una sulla direttrice orizzantale di Ancona, una tra Fermo, Macerata e Ascoli Piceno.

Brevemente, quindi, le Marche.
- Le strade. Praticamente non c'è pianura, quindi è tutto un saliscendi per strade provinciali, a parte qualche eccezione. Curve, tornanti,anche qualche sterrato se avete un navigatore satellitare particolarmente eccentrico. Noi ovviamente l'avevamo. Meno snervante delle strade della Corsica, ovviamente, ma in certi momenti ho rimpianto l'autostrada.
- La gente è molto accogliente. Bisogna però stare attenti a non farsi cogliere nell'atto di scattare una foto, perché le possibilità di vedersi fermato da un vecchietto sono altissime. In questo modo abbiamo scoperto che a San Ginesio dovrebbe essere sepolto Pipino il Breve e che un tempo vi era una forte presenza templare. Per non parlare del rapimento che abbiamo subito per mano del mitico signor Innocenzo, l'ascolano del secolo, che ci ha trascinato nel suo Museo del Fischietto. Un gran personaggio.
- Birra. Cazzo, se sono intenditori. A Fermignano siamo finiti in un agriturismo-birrificio. Sono agli inizi, la struttura è ancora in fase di completamento, ma la birra è buona. In paese c'è un pub fornitissimo. A Ortezzano, in provincia di Fermo, siam finiti in un locale che offriva una trentina di birre, tra belghe, tedesche e artigianali italiane, difficili da trovare e lontane dalla grande distribuzione. Ma dannazione, è così difficile trovare qualcosa di quantomeno simile qui? Pub affermati hanno sempre le stesse 6/7 birre, che gli costa tirarne un paio di nuove a rotazione ogni mese?
- Gli agriturismi. Il nostro futuro! Attendo una vincita al Superenalotto per un piccolo input economico e poi apro il mio.
- Le città. Urbino al top del viaggio. Meravigliosa e affascinante, durante l'anno probabilmente dovrebbe essere ancora meglio con il viavai di universitari. Ancona particolare. A me è piaciuta, nonostante il porto (turistico e soprattutto industriale) sia troppo al centro della città e rovini la vista. Ascoli Piceno molto bella ma clima pesantissimo. Dal vecchietto che scaccia un barbone straniero reo di stare in fila a comprare delle olive alle scritte per i Nar e i Nocs. Fermo invece sembra in smobilitazione, nella piazza principale fioccano i Vendesi e i Fittasi.
- Paesini. La cosa migliore probabilmente. Sarnano, Cingoli (consiglio: cena a La Taverna di Ro' - e prenotate -, dopocena al Brillo parlante), Offida, Ripatransone (dove c'è il vicolo più stretto del mondo, eh!), Sirolo, San Ginesio. Piccoli e affascinanti.
- Natura. Gola del Furlo e Grotte di Frasassi. Le grotte sono incantevoli, nonostante rappresentino ormai un business di un certo rilievo: bancarelle ovunque e ingresso di un gruppo di turisti ogni dieci minuti. Considerando che la visita dura un'ora, per quanto possano essere grandi le grotte immaginatevi che casino che c'era...
- Da fare la prossima volta: escursione sui Monti Sibillini e il Lago di Pilato, raccontato anche dagli Offlaga Disco Pax. Non abbiamo avuto il tempo, e probabilmente faceva pure troppo caldo.
- Esperienza più bella. Probabilmente la cena collettiva all'agriturismo "Lavanda Blu" a Carassai. Gestito da Elizabeth (americana) e Hans (olandese), si vede che dietro c'è la mano di uno straniero. Si respira un'atmosfera europea, e infatti quasi tutti i turisti erano stranieri. Tre volte a settimana, Elizabeth organizza una cena alla quale possono partecipare tutti i clienti. O, per meglio dire, gli ospiti. Perché sembra di stare a casa sua, ti viene anche di dare una mano a sparecchiare. E così siam finiti a parlare con una simpatica famiglia belga, così meravigliata da alcune peculiarità italiane (Berlusconi, i doppiaggi dei film...) Nota per il futuro: fornisce anche piazzole per campeggiare.

mercoledì 21 luglio 2010

E' la stampa online, bellezza

Un interessante punto di vista de Il Sole 24 Ore sulle nuove frontiere della stampa online.

L'ossessione quotidiana si chiama "Backend". È una pagina internet che in tempo reale dice quanti lettori stanno leggendo ogni articolo e soprattutto quanti lettori stanno leggendo articoli su www.ilsole24ore.com. È l'irruzione dell'auditel in un campo finora intonso, o quasi. E scoprire che il mal è comune, leggendo il New York Times e il Washington Post, non costituisce mezzo gaudio, semmai sprone all'innovazione.


Lo psicodramma, almeno per chi fa giornali, è iniziato da quella funesta previsione: Philip Meyer, studioso dell'editoria americana, ha infatti preoccupato tutti noi vaticinando che l'ultima copia del New York Times sarà acquistata nel 2043 e questa previsione è poi diventata il titolo di un libro scritto per Donzelli da Vittorio Sabadin. Nello psicodramma irrompe un protagonista che non dovrebbe spaventare più di tanto i giornalisti, il lettore. Ma come irrompe?
Il New York Times ha raccontato uno scherzo avvenuto nella redazione di The Politico, giornale online americano ad alto contenuto di valore aggiunto, appunto, politico. Dalla direzione parte una mail: l'orario di inizio del lavoro è anticipato alle 5 della mattina. Panico. «È l'orario migliore per prendere contatto con fonti altolocate». Al limite, cari tutti, riposatevi nel tardo pomeriggio, quando i lettori sul sito calano. C'è chi ha pianto. E pensare, commenta il New York Times, che un tempo i giovani volevano fare i giornalisti per girare il mondo raccontando storie, ora devono faticare dietro ai computer spremendosi le meningi per sedurre il misterioso algoritmo di Google, mentre nelle riunioni di redazione inizia a circolare la frase: «Questo tema tira molto online...». «I più letti», del resto, sono reperibili su quasi tutti i siti dei grandi giornali e il Christian Science Monitor li manda addirittura via mail a tutto lo staff. Minatorio?


Racconta sempre il giornale di New York che alcuni organi di informazione, come Bloomberg News o Gawker Media, iniziano a pagare le loro firme anche in base al numero dei clic. Arcipanico. Immaginate lo sguardo dei giornalisti di fronte alle classifiche dei meno letti. E se poi il tempo di massimo stress non è più soltanto la sera, quando si completano le pagine prima della stampa, ma tutto il giorno, colpa del nervosismo dell'informazione online, è ovvio che da The Politico o simili la gente inizi ad andare via, dopo aver dato tutto e in breve tempo. Aggiungete la concorrenza degli ultrablog, quegli strani siti che tendono sempre più al giornale in tempo reale, The Huffington Post per esempio, e la frenesia aumenta. E con la frenesia la stanchezza anche dei più giovani, quella che preoccupa Duy Linh Tu, coordinatore del programma digital media alla Columbia University. Gioventù bruciata.

Però è arrivato Steve Jobs e ha detto ai giornali: ma quale 2043, vi salvo io con l'Ipad. C'è del vero, tra Apple e altri apparecchi mobili i lettori non devono neanche più venire sul sito, ti scaricano e ti hanno con sé. Ma dal punto di vista della frenesia dell'aggiornamento e delle sveglie all'alba non viene molto incontro: è il lettore il (giusto) protagonista. Così ha scritto sul suo blog, Andrew Alexander, garante dei lettori del Washington Post: «Fare del cliente online il re del Post». Proprio "customer" ha scritto.
Perché? Un tempo nelle redazioni poco si sapeva dei lettori, a volte soltanto il numero. Ora in rete puoi sapere non solo quali articoli si leggono, ma addirittura su quali parti si clicca. Così scopri che la foto della spia russa Anna Chapman è il magnete per raccontare la storia. E se vedi che la parola "LeBron" è tra le più ricercate sul web, metti subito in evidenza la notizia della scelta della squadra di basket di LeBron James. Quiz: qual è la notizia più letta sul sito del Post nell'ultimo anno? Haiti? Bp? La riforma sanitaria di Obama? Risposta: le Crocs.
Poi Alexander racconta il dibattito interno alla redazione, a ogni redazione: come preservare i canoni del buon giornalismo legato all'attendibilità delle fonti e guadagnare lettori nell'informazione frenetica e nervosa del web? La ricetta da trovare è la sfida, intanto, il suo consiglio è: essere leader nella discussione, dentro e fuori la redazione. Perché «nell'età di Internet, i lettori comandano». Sveglie puntate non troppo presto, please.

sabato 17 luglio 2010

Serate concertistiche

Due serate musicali. Giovedì sera è stato il turno dell'Afrakà, il festival di Afragola (a margine, non pensavo fosse così brutta, chiedo scusa agli eventuali lettori afragolesi. Tra l'altro siamo finiti in un rione popolare che andrebbe fatto vedere a un po' di gente. Poi si chiedono come è possibile recuperare socialmente certe zone, andate a vivere là e ne parliamo...).
Andiamo per T.M. Stevens, bassista idolo di mio fratello, che quando vede qualcuno slappare impazzisce. Già visto un paio d'anni fa a Teano, ci ha conquistato come tutti quelli che si divertono da matti quando suonano.
Prima di lui, però, tocca al Marco Mendoza trio. Non lo conoscevo, e sto Mendoza è uno che ha suonato con mezzo mondo, dai Thin Lizzy a Dolores O'Riordan. Se la cava, è un frontman nato, canta bene, fa una gran versione di Higher Ground. E inoltre è circondato da musicisti cazzutissimi, tra tutti Andrea Braido che ha una signora carriera come turnista. Purtroppo in Italia se sei un fenomeno ti tocca comunque fare da chitarrista ai vari Vasco Rossi, Laura Pausini, Eros Ramazzotti. Ma parliamo di un vero fenomeno.
T.M. arriva in chiusura di serata, e dovrà fare pochi pezzi causa chiusura obbligata a mezzanotte. Inizia con I'm a Believer, il pezzo che nel concerto precedente gli era stato chiesto come bis da mio fratello ("You push me, man!"). Poi sente uno del pubblico che chiede Raw Like Sushi e, forse felice perché qualcuno conosce i suoi pezzi, la esegue. Di voce ce n'è pochina, ma lo slappatore folle è in forma. Solita tunicona africana ("Afrikà, Afrakà!"), basso giallo/rosso/verde con un leone stampato su, e soprattutto al posto della tastiera ci sono delle luci (sempre giallo/rosso/verdi)!
Solito coinvolgimento del pubblico al grido di "Shake your culo", gente sul palco, security che cerca di farli scendere e T.M. che spiega che li vuole su... un bel casino!

Il giorno dopo, nonostante un po' di scetticismo, andiamo al museo Madre. C'è Dweezil Zappa, "il figlio del Genio" come titola Repubblica, che suona i pezzi del padre. Cazzo, ed ero scettico.
Concertissimo! Musicisti bravi bravi (il batterista era Vlade Divac), pezzi suonati egregiamente. Dweezil sul palco si comporta come il padre, sorriso sornione, ottimi assoli, controllo della situazione. A sorpresa sale sul palco anche Massimo Bassoli, colui che ha dato vita a "Tengo una minchia tanta". Il delirio si raggiunge con Peaches en Regalia e I'm the Slime.
Soddisfazione. Avendo rubato la scaletta (con tanto di autografo, Dweezil disponibilissimo s'è messo a dare la mano a tutti) la riporto.

Purple Lagoon
Stinkfoot
Montana
Easy Meat
Daddy Daddy Daddy
What Kind Of Girl Do You Think We Are?
T'Mershi Duween
Inca Roads
Blessed Relief
The Blue Light
Pick Me I'm Clean
The Little House I Used To Live In
Latex Solar Beef/Willie The Pimp/Drum Solo
Apostrophe
Don't Eat The Yellow Snow
Keep It Greasehy
Big Swifty
Cosmik Debris

Peaches En Regalia
I'm The Slime

lunedì 12 luglio 2010

Lavoro d'oggi

Come funzionano le cose nel mondo del lavoro di oggi? Ti chiedono di fare una cosa completamente differente da quello che sarebbe il tuo incarico, o le tue competenze. Una cosa che tu non hai mai fatto, e che proveresti pure a fare, se ti dicessero da dove cominciare.
Ma loro non te lo dicono. Tutto quello che ho imparato a fare in questi quattro anni e mezzo, cioè da quando ho iniziato a lavorare, l'ho dovuto imparare da solo. Rubacchiando qua e là, prendendo a testate la scrivania, cercando di apprendere cose nuove e anche astratte, e sperando di non sbagliare.
Loro, quelli per cui devi fare qualcosa, non ti aiutano. Anzi, aggiungono indicazioni vaghe, spesso anche sbagliate. Ti invitano a fare una ricerca. Essì, tanto internet ormai serve a tutto.
Immaginatevi una persona a cui viene chiesto di scrivere una replica, senza sapere per chi, a chi, per quale motivo, su quale argomento.
Ecco, in questo momento mi sento così.

venerdì 2 luglio 2010

E poi dicono che non porta sfiga...

Mondiali & G8, Berlusconi a Cameron: “Tifo Inghilterra, c’è Capello”.
Berlusconi: "Dopo l'eliminazione azzurra tifo Brasile".

lunedì 28 giugno 2010

London

Resto dell'idea che Londra sia la città migliore dove vivere, se hai una discreta somma di denaro. Affollata ma non caotica, con tanti spazi verdi, un discreto cocktail di culture, birra a costi contenuti... ci sono degli scorci di Kensington e di Chelsea che istigano alla vincita al Superenalotto. Come se ce ne fosse bisogno.

Tra l'altro la città è in netta trasformazione, causa avvicinarsi delle Olimpiadi. Cantieri ovunque per strada, Houses of Parliament e Piccadilly Circus in rifacimento...

Tre giorni sono pochi, in quella città. Ed è la seconda volta consecutiva che mi trovo a starci così poco e pensare "la prossima volta resto almeno una settimana..." Ma l'assaggino è andato alla perfezione. Ringraziando innanzitutto EasyJet, che ha pensato bene di mandare l'email con la notifica della cancellazione del volo il venerdì mattina alle 9, con partenza prevista per le 11. Fortunatamente la sera prima avevamo aperto il sito e c'era apparsa la notizia. Il tempo di comprare un biglietto con la British, a prezzi relativaente contenuti per fortuna, ed eravamo già in auto verso l'aeroporto. Mezza giornata in più là, meglio così.

Ad Hyde Park bella atmosfera per l'Hard Rock Calling. Arriviamo mentre suonano gli Hives, ma penso a tutt'altro. Ci accampiamo sul prato in attesa di Ben Harper, con il Relentless 7. C'è curiosità, nonostante il calo di ispirazione degli ultimi anni questo nuovo progetto non mi è dispiaciuto. Invece, complice anche settaggi audio bruttini, il set non è dei migliori. Senza voler fare paragoni con gli Innocent Criminals, il gruppo non sembra avere un minimo di carisma. E l'impressione, almeno per quella sera, è che Harper si sia un po' sputtanato la voce.
Sale anche Eddie Vedder per una cover di Under Pressure, ma i risultati sono rivedibili.

I Pearl Jam invece sono in gran forma. Tirano fuori una setlist da festival, di quelle cazzute, con tanti pezzi tirati in avvio. Mi regalano, finalmente, Nothingman. Vedder ricorda i 10 anni dalla tragedia di Roskilde, è quasi ossessivo nel ricordare al pubblico di stare attenti, di fare due passi indietro, di controllare il proprio vicino. Visto che attorno ci sono ragazze che non vedono l'ora di mostrare le tette al maxischermo, noi controlliamo con piacere i vicini (questa la pagherò cara...)
L'atmosfera è incredibile. Tantissime persone che cantano, ballano, bevono, lanciano bottiglie e rotoli di carta igienica. Mi sembra che la band ne tragga energia, Eddie spiega che c'è il coprifuoco, ma loro hanno voglia di fare casino, anche se la Regina deve andare a letto presto.

Si esce da Hyde Park felici. E' una di quelle serate che vale la pena aver vissuto.

lunedì 21 giugno 2010

I Mondiali al tempo della censura

Il primo pensiero, al termine del 7-0 inflitto dal Portogallo alla Corea del Nord, è andato ai poveri giocatori nord coreani. Che fine faranno? Spariranno dalla circolazione, in un campo di lavoro?
Ma poi sono andato sul twitter ufficiale della Corea del Nord e ho visto la verità. Stupide masse, pronte a farsi imbeccare dai nemici del popolo e dai giornalisti servi, che sono arrivati a inventarsi i sette gol del Portogallo. La partita, infatti, è terminata 0-0.
Ecco la cronaca ufficiale. Affinché i posteri sappiano, e la verità sia ristabilita.

TEAM ARRIVES AT STADIUM TO PLAY THE SPANISH B TEAM - THE INFIDELS CALL THEMSELVES 'PORTUGAL' BUT OUR INTELLIGENCE BETTER KNOWS.
BEFORE OUR PLAYERS RUN OUT TO PITCH THEY ALL TOUCH A STATUE OF OUR BRILLIANT LEADER SLAYING A GIANT UNICORN IN A USA SHIRT.
OUR TEAM WEARS WHITE KIT TO REPRESENT THE CLOUDS THAT OUR BRILLIANT LEADER KIM JONG IL SITS ON DURING GAMES.
THE GAME KICKS OFF AND WE THE GREASY PORTUGITS MEN ALREADY ARE QUIVERING IN THEIR FEETIES.
THE TEAM CONTINUE TO PLAY WELL IN THIS 0-0 DRAW.
OUR TEAM PLAY WELL IN THE RAIN AS IT REMINDS US OF SWIMMING IN OUR LEADERS TEARS OF HAPPINESS.
HALFTIME TEAM TALK : VIDEO MESSAGE FROM OUR DEAR LEADER DOING KEEPYUPS IN HIS UNDERWEAR. HIS BALL SKILLS INSPIRE ALL PLAYERS.
BEFORE PLAYERS RUN OUT TO PITCH THEY ALL TOUCH STATUE AGAIN OF OUR BRILLIANT LEADER SLAYING A GIANT UNICORN. INSPIRATION ETERNAL.
WE KICK OFFED THE SECOND HALF OF THIS BATTLE AGAINST THE PORTUGESE INFIDELS, MANAGER ASSURES ME WE WILL WIN 4:0.
A GREAT POINT BLANK SAVE FROM THE SKILLFUL DPRK KEEPER KEEPS THE GAME GOAL LESS.
WHAT ANOTHER BRILLIANT SAVE FROM A HEADER FROM THE DASTARDLY PORTUGAL PLAYER... THIS IS A TIGHT GAME.
SURELY OUR GOALKEEPER IS PLAYER OF THE TOURNAMENT, HE HAS KEPT THE TEAM IN THIS GAME, THIS WILL BE A TIGHT 0:0 FINISH.
A BAD BACKPASS FROM ONE OF OUR DEFENDERS LEADS TO A BRILLIANT RECOVERY FROM OUR WONDEROUS KEEPER.
ANOTHER BRILLIANT SAVE FROM THE KEEPER MYONG-GUK, IF IT WASN'T FOR HIS SKILLS IT WOULD BE 7:0.
THE GAME FINISHES 0:0, A TIGHT GAME WHERE DPRK HAD ALL OF THE POSSESSION AND CHANCES AND SKILLS.
KIM JONG IL JUST SENT THE KOREA DPR TEAM A CAKE WITH HIS GREAT FACE ON TO CONGRATULATE THEM ON THEIR 0:0 DRAW V POR.
THE MANAGER IS PROUD TO HAVE STOPPED THE PORTUGESE PUPPET REGIME + THEIR WORST PLAYER RONALDO FROM SCORING.
THE PLAYERS NOW RECEIVE MASSAGES IN THE CHANGING ROOM AFTER THEIR GREAT BATTLE AGAINST IMPERIALIST PORTUGAL.
WHILST KOREA DPR PLAYERS RECEIVE MASSAGES, CRISTIANO RONALDO VISIT CHANGING ROOM TO TELL TEAM THEY BEST HE EVER PLAYED AGAINST.
PLAYERS HAVE NOW FINISHED CAKE EATING CAKE IN SHAPE OF KIM JONG IL FACE. MESSAGE AT BOTTOM PLATE SAYS "WINNERS CAN COME HOME".
MASSAGES FINISH. NOW SQUAD GETTING DRESSED IN THEIR FASHIONABLE FLUORESCENT SHELLSUITS DESIGNED BY OUR DEAR LEADER.
ON WAY OUT OF DRESSING ROOM PORTUGAL PLAYERS THANK KOREA DPR PLAYERS FOR NOT EMBARRASSING THEM IN THE 0:0 DRAW.


Mi vien quasi da sperare che non sia una parodia, ma purtroppo temo lo sia. Geni, comunque.

Laggiù nel selvaggio West


Riprendiamo con l'angolo del nerd. In queste settimane mi sono buttato su un gioco che attendevo da qualche mese, possibile Game of the Year. Si tratta di Red Dead Redemption, lavoro Rockstar (quelli di Grand Theft Auto, per intenderci) ambientato nel West. Un'ambientazione di grande fascino, poco esplorata (e con scarsi risultati) nell'ambito ludico. E Rockstar applica le formule vincenti di Grand Theft Auto in questa nuova ambientazione: mappa enorme, tante missioni secondarie, personaggi non protagonisti ben caratterizzati ed incontri casuali per strada.
A rendere grande questo gioco è appunto la sua ambientazione, uno scenario ricostruito in maniera affascinante. Mi è capitato in più di un'occasione di fermarmi durante una cavalcata per ammirare un tramonto in una valle.
La trama è interessante ma contiene a mio avviso un paio di difetti. In diverse occasioni (vedi la parte di gioco ambientata in Messico) ti senti un po' sballottato dagli eventi.
E poi c'è la possibilità di caricare gli mp3 di Morricone sulla console e giocarselo con un degno sottofondo. Vale la pena acquistarlo già per questo.

venerdì 18 giugno 2010

Vendetta

E' un sentimento meschino e cattivo, vero. Ma non riesco proprio a rimproverarmi.
Saluti da Dublino.



martedì 15 giugno 2010

Daniele Capezzone si offre come operaio Fiat

Fiom ha una "linea preistorica", Marchionne "tenga il punto e non molli": lo afferma Daniele Capezzone, portavoce Pdl. "Per anni - sostiene - si è giustamente rimproverato alla Fiat di inseguire logiche di pressoché esclusiva tutela dei propri interessi: cassa integrazione, incentivi, spostamento all'estero di produzioni, e così via. Ora che finalmente, a partire dalla vicenda Pomigliano, si può aprire una pagina diversa (produzioni che tornano in Italia, lavoro per tanti dipendenti, rilancio di aree territoriali che ne hanno un gran bisogno), tutte le organizzazioni sindacali (meno una) mostrano senso di responsabilità, spirito di modernizzazione, e attenzione vera alla salvaguardia dei posti di lavoro. Solo la Fiom, con l'avallo di Epifani, mantiene una linea preistorica e di fatto pericolosa per gli stessi lavoratori. Mi auguro che Marchionne tenga il punto e non molli: la tenuta di Marchionne sarebbe un grande segno di svolta, a favore dei 'decisori' e contro i 'frenatori', in ogni campo".


Questo il comunicato Fiom. Vediamo quali sono queste linee di spirito di modernizzazione e quali sono le logiche preistoriche.

Di fronte al rifiuto della Fiat ad apportare qualsiasi modifica al testo da lei presentato lo scorso 8 giugno, la Fiom ha confermato la propria indisponibilità ad aderire a un documento che contiene deroghe al Contratto nazionale e alle leggi in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e la messa in discussione di diritti individuali, compreso il diritto di sciopero.

La Fiat, dopo aver disdettato, nel solo sito di Pomigliano, tutti gli accordi aziendali in vigore nel resto del Gruppo in materia di orario e organizzazione del lavoro, vuole condizionare l’investimento per il rilancio di Pomigliano all’accettazione di un nuovo accordo da parte di tutti i sindacati, basato tra le altre, sulle seguenti condizioni:

* realizzazione di 18 turni settimanali di lavoro sulle linee di montaggio;
* 120 ore di straordinario obbligatorio;
* possibilità di derogare dalla legge che garantisce pause e riposi in caso di lavoro a turno;
* riduzione delle pause dagli attuali 40 minuti a 30 minuti per ogni turno;
* possibilità di comandare lo straordinario nella mezz’ora di pausa mensa per i turnisti;
* sanzioni disciplinari nei confronti delle Organizzazioni sindacali che proclamano iniziative di sciopero e sanzioni nei confronti dei singoli lavoratori che vi aderiscono, fino al licenziamento;
* facoltà di non applicare le norme del Contratto nazionale che prevedono il pagamento della malattia a carico dell’impresa.


Le altre Organizzazioni sindacali, pur avendo inizialmente giudicato inaccettabili alcune richieste della Fiat e formalmente avanzato proposte di modifica, hanno alla fine aderito al testo iniziale dell’Azienda, accettandone le condizioni imposte.

La Fiom denuncia il ricatto a cui sono sottoposte le lavoratrici e i lavoratori di Pomigliano, in Cassa integrazione da oltre 18 mesi, chiamati a scegliere fra il proprio posto lavoro e il radicale peggioramento dei propri diritti.
La Fiom, di fronte al carattere generale di questa scelta della Fiat che punta a cancellare il Contratto nazionale e superare le Leggi di tutela sul lavoro, ha convocato il Comitato centrale per lunedì 14 giugno per dare un giudizio approfondito, per impedire la condizione di isolamento nella quale si vuole relegare i lavoratori di Pomigliano e assumere le decisioni necessarie.

giovedì 10 giugno 2010

Febbre mundial

Frega un cazzo se l'Italia è antipatica e/o scarsa. Ho sempre adorato i Mondiali e mi gusterò quest'ultimo mese in cui posso fregiarmi (io, mica voi bifolchi) del titolo di Campione del Mondo.

sabato 29 maggio 2010

Nepotismo d'oltreoceano

Nepotismo o il segnale che ancora credono nel giornale di famiglia? Il figlio dell'editore del New York Times è stato promosso capo sede dopo appena un anno di gavetta e la nomina ha scatenato negli Usa un dibattito e polemiche. Figlio di papà o figlio d'arte destinato tra non moltissimo a ereditare il timone del più influente giornale del mondo da oltre un secolo nelle mani della sua famiglia? Il 29enne reporter A.G. Sulzberger è stato promosso capo dell'ufficio del Times a Kansas City, non la più prestigiosa delle sedi del giornale negli Stati Uniti, ma pur sempre una sede importante, dopo appena un anno di esperienza da cronista al desk metropolitano del giornale, e di altri quattro anni in giornali di provincia. La notizia della promozione è stata data con un pizzico di invidia dalla Columbia Journalism Review, la rivista della scuola di giornalismo della Columbia University dove si formano le nuove leve del giornalismo americano. "Figlio dell'editore diventa capo-ufficio? Dopo solo un anno??", ha 'tweetato' uno dei redattori del giornale. "Ovvio che la nomina ha più a che fare con chi è suo padre, il presidente del Board del New York Times Arthur Sulzberger Jr, che con le sue doti giornalistiche", ha commentato sulla rivista online Slate l'inviato Jack Shafer, che tuttavia ha letto nella promozione del figlio di Sulzberger un segnale positivo: "E' il segnale che la famiglia crede ancora nel giornale ed é un bene che i Sulzberger continuino a farlo". I Sulzberger controllano il New York Times dal 1896 e che un Sulzberger di quinta generazione sia disposto a trasferirsi a Kansas City piuttosto che vivere di rendita delle azioni del gruppo è, secondo Shafer, un ottimo segno. Il paragone più ovvio è con i membri della famiglia Bancroft, che controllavano il Wall Street Journal, sulle cui divisioni e disinteresse per il futuro dei media ha fatto leva Rupert Murdoch quando nel 2007 ha inglobato nel suo impero la 'bibbia' dell'alta finanza. Due anni di gavetta all'Oregonian, un giornale di Portland, altri due al Providente Journal del Rhode Island, in un anno di lavoro in cronaca il giovane Sulzberger si è fatto amare al New York Times nonostante il sangue amaro che i tagli imposti da suo padre avevano fatto venire alla redazione. A.G. (si chiama Arthur come il padre) ha conquistato spesso la prima pagina dopo aver cominciato a lavorare nel quartier generale disegnato da Renzo Piano tra la curiosità dei colleghi il 23 febbraio: "E' uno coi piedi per terra, modesto, ansioso di imparare", lo aveva giudicato uno dei capi a City Room, il blog della cronaca metropolitana.

mercoledì 19 maggio 2010

Qualcosa si muove?

E' passato un mesetto dal lancio della "campagna di moralizzazione", da parte dell'Ordine dei giornalisti, sui compensi che diverse testate danno ai giornalisti. Trenta giorni dopo, incontro all'Ordine.

Il resoconto lo potete trovare qui. Questa cosa del bollino blu mi pare una cazzata. Quindi alla domanda posta nel titolo risponderei di no. Ma almeno si inizia a parlarne un po'.
Qua invece il documento con i compensi testata per testata e regione per regione, a seconda degli esempi raccolti. Ma è un documento molto parziale, che riguarda solamente alcune testate. Molte ne mancano all'appello, e probabilmente sono quelle su cui bisognerebbe concentrare l'attenzione. Ma c'è già qualche dato interessante. Il Resto del Carlino paga meno i pezzi scritti dopo il raggiungimento della soglia dei 70 pezzi (guarda caso, quelli che servono ad ottenere il tesserino da pubblicista). La Repubblica ha tagliato il compenso da 50 a 30 euro a pezzo in un anno. Liberal, dopo un anno in cui non ha pagato, a marzo ha annunciato che pagherà a 365 giorni (!). Secondo la tabella c'è anche chi non ha visto un euro da Il Manifesto, che si becca ogni anno i suoi bei cinque milioni di contributi per l'editoria. Libero paga dai 15 euro in su, anche se è un'apertura. La Nuova Sardegna e la Voce della Romagna pagano 2,58 euro a pezzo!

Sul sito della FNSI, invece, una nota un po' polemica nei confronti della Meloni e dell'Ordine, visto che le elezioni per il rinnovo sono ormai prossime.
Fate i bravi, non litigate e fatevi sentire.

domenica 16 maggio 2010

Giornalismo e precariato

Serena ha 35 anni, una laurea, due specializzazioni e un master. In dieci anni ha firmato migliaia di articoli e dice: "Mai ricevuta retribuzione da una delle tante testate napoletane per le quali ho collaborato. Quando chiedevo un minimo di rispetto, mi rispondevano: 'Tu sei piccerella ancora (a 30 anni?)...ringrazia a Dio che stai in pagina, se non ti sta bene c’è la fila di chi si accontenta di nulla". Mena invece di anni ne ha 37: "Il mio guaio è quello di essere giornalista professionista. Me lo spiegò il mio ex direttore. Quella mattina m’ero stancata di elemosinare la cospicua somma di 300 euro che il giornale sborsava, se andava bene, ogni tre mesi. Così decisi di spedire il mio curriculum a un grande quotidiano locale, col quale ora collaboro da cinque mesi a queste condizioni: apertura della partita Iva, 25 euro lordi ad articolo, retribuzione ogni due mesi ma per un massimo di 15 articoli al mese (perché c’è sempre il guaio che sono professionista). Finora ho guadagnato duecento euro al mese, con la speranza che le cose cambino. Difficile, però, se in questo mestiere si andrà avanti sempre per cooptazione".

Pasquale invece è più giovane, ha iniziato a fare il cronista quattro anni fa. "Ho imparato tutto sul campo, nessuno mi ha insegnato o consigliato nulla. Ho seguito tutta la faida di camorra della periferia Nord di Napoli, pagandomi da solo telefono e benzina. Poi il mio giornale è fallito e addio tesserino e riconoscimento del lavoro svolto". Risultato? "Non ho mai avuto un euro né un contratto, e nemmeno un pezzo di carta che attesti chi sono, che lavoro faccio e per chi. Quando vado su una notizia di nera, i poliziotti mi chiedono il tesserino e siccome non ce l’ho mi allontanano". Olimpia, 28 anni, ha investito i risparmi familiari in una scuola di giornalismo: "La ritenevo l’unica chance per il mio futuro. Due anni di sveglie alle 6 e ritorno a casa alle 19. Oggi continuo a collaborare gratis con lo stesso free press che mi ha fatto diventare pubblicista. L’unica mia entrata è un progetto in una scuola di confine, nel frattempo cerco concorsi per uffici stampa e invio raccomandate ovunque. Se guardo indietro i miei occhi si riempiono di lacrime perché penso di aver sbagliato tutto".

Serena, Mena, Pasquale e Olimpia sono nomi di fantasia. Ma le loro storie, purtroppo, sono vere. Le ha raccolte un gruppo di giovani e intraprendenti cronisti più o meno contrattualizzati, riuniti nella sigla Coordinamento dei giornalisti precari della Campania, e le ha allegate a un dossier sul precariato dell’informazione campana e sulle truffe dei corsi-fantasma che ti promettono di diventare "giornalista in un giorno" che sarà presentato domani alle 10.30 presso la libreria Ubik. Il Coordinamento ha un logo: la Mehari di Giancarlo Siani, il precario che tutti i giornalisti dovrebbero tenere a mente.

Gli autori dell’indagine non sono organici al sindacato e in questi mesi si sono riuniti dove capitava, persino nelle catacombe del rione Sanità. Hanno elaborato le statistiche attraverso questionari inviati per email e trattati con la garanzia dell’anonimato. Ne è venuto fuori un dossier che dipinge un quadro coerente a una Napoli capitale indiscussa della disoccupazione e della finta formazione, in cui dominano sfruttamento, illegalità e raccomandazioni, anche all’interno di aziende editoriali e televisive che godono di milioni di euro di contributi pubblici. Secondo l’inchiesta, il 13% dei giornalisti precari locali – abusivi, freelance, collaboratori, stagisti, tutti comunque impegnati sul campo dalle 8 alle 12 ore al giorno - non guadagna neanche un euro e lavora gratis perché spera un giorno di essere assunto, o per conquistare il mitico 'tesserino', in barba a una legge che imporrebbe di essere retribuiti per potersi iscrivere all’Ordine.

Un altro 23% è privo di redditi, ma perché completamente disoccupato. Il 37% si colloca nel range da 0 a 500 euro mensili. Il 17% dice di guadagnare tra i 500 e i 1000 euro. Solo un 10% di fortunati supera la soglia dei 1000 euro. E il 94% non è iscritto al sindacato. "Circostanza – afferma Ciro Pellegrino, animatore del Coordinamento - che ci ha fatto porre una domanda scomoda: ma forse il sindacato non fa abbastanza per questi precari? Ora stiamo concludendo uno studio-inchiesta sulla formazione-truffa: per mesi abbiamo contattato corsi di giornalismo che "vendono" letteralmente (con costi che vanno dai 300 ai 3mila euro) il percorso per diventare giornalista pubblicista. Finisce che devi comprarti il tesserino. E’ il mondo capovolto: bisogna pagare per trovare notizie. Siamo l'unica categoria che si vede rinnegati due articoli della Costituzione: il 1 sul diritto al lavoro, il 21 sul diritto ad una libera stampa: in questo contesto, non possono nascere dei giornalisti con la schiena diritta".

Da il Fatto Quotidiano del 13 maggio
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Sportività

Sono contentissimo perchè questo è uno scudetto contro tutti». È felicissimo il ministro della difesa Ignazio La Russa, tifoso interista, interpellato dall'ANSA, pochi minuti dopo il fischio finale. «Sono qui a casa con i miei figli, e gli amici dei miei figli - ha detto - abbiamo già messo le bandiere fuori dalle finestre, quella nerazzurra, accanto al tricolore». «Vergogna al Siena però - ha poi aggiunto - ha giocato per la Roma». «Una squadra retrocessa cerca di vincere per un punto in più - ha detto - ma il Siena ha giocato per far vincere la Roma».

E poi dicono che la classe politica non rispecchia il Paese...

martedì 11 maggio 2010

Mas que una ciudad

Dunque, Barcellona. Barcellona m'è sembrata una Napoli riuscita bene. Ovvio, la cornice in cui si incastra Napoli è indiscutibilmente superiore, baciata dal dono di un golfo meraviglioso su cui si staglia il Vesuvio. Il panorama del parco del Virgiliano umilia nettamente quello del Montjuic (a proposito, sul lato destro del cannone che affaccia sul porto è possibile leggere un grandioso "Pisa merda"), che sovrasta sì la città, ma mostra il porto, l'aeroporto in lontananza, e un lungomare comunque non indimenticabile.
Ma Barcellona vince nei servizi, nella vivibilità, nel saper migliorare. Il barrio gotico ricorda i quartieri popolari napoletani, ma le strade sono più illuminate e non ti sembra di stare in un ghetto. Sensazione che fatichi a provare anche nel Raval. E che dire di el Born? Ho letto che dieci anni fa nessuno ci metteva piede, ora è un quartiere tranquillissimo, con piacevoli negozi. Gli spagnoli mi sembrano specialisti in riqualificazione: nel bel mezzo del Raval hanno trasformato un ex ospedale in conservatorio musicale e biblioteca, con un chiostro meraviglioso; l'università Pompeu Fabra è un gioiellino, con un ex deposito delle acque trasformato in aula studio.
Delle differenze dei servizi è meglio non iniziare proprio a parlarne. La rete metropolitana di Barcellona è clamorosa per comodità e puntualità. Certo, sfrutta una maggiore estensione pianeggiante rispetto a Napoli, arrampicata sulle sue colline. Ma vedere metropolitane passare ogni tre minuti anziché ogni otto (se va bene) mi ha fatto piangere il cuore.
E' anche vero che ci troviamo in una delle zone più ricche della Spagna, quella Catalogna i cui sentimenti localistici, secondo gli amici di Annalisa che vivono là da ormai due anni, son ridotti ad essere pensieri esclusivi per catalani, senza la possibilità di apertura per stranieri desiderosi di comprendere e collaborare alla causa. Così come sembra che l'ossessione dei locali per l'FC Barcelona spinga i non catalani a un discreto sentimento di repulsione.
Zona ricca, dicevamo, ma al tempo stesso la crisi sembra sentirsi. Il crollo dell'economia spagnola è stato rapido quanto la sua ascesa, in seguito allo scoppio della bolla immobiliare su cui si era poggiata questa crescita. Poca (rispetto agli standard) gente per strada, ristoranti della Barceloneta clamorosamente vuoti.
Tanti giovani, per fortuna, per una città che sfrutta al meglio le sue caratteristiche per diventare un luogo di attrazione per i ragazzi: turisti, erasmus, persone che si sono trasferite là. Locali e divertimenti per ogni tipo, dalla bettola dell'Ovella negra alle chupiterie alle discoteche che purtroppo attirano parecchia monnezza. Quello che Napoli potrebbe essere, se la metropolitana non chiudesse alle 23, se ci fossero autobus notturni... certo, per ottenere questi risultati gli spagnoli hanno dovuto chiudere più di un occhio. I mossos d'esquadra, la polizia speciale catalana che si occupa dell'ordine pubblico, hanno sì facilitato il risorgimento di alcune zone della città, ma non sono altro che dei picchiatori fascisti, che in vari casi se la pigliano pure col poveretto sbagliato. Gente che prende il manganello pure per scendere dalla macchina nel traffico causato dal ritiro della spazzatura in un vicoletto del barrio gotico.
Un consiglio. Se volete andare (e andateci) al Parc Guell (ma quanto deve a Gaudì questa città?), prendete la metro fino a Vallcarca, arrampicatevi sulla collina grazie alle comode scale mobili a vostra disposizione, e iniziate da là la discesa nel parco. All'uscita, fatevi un giretto per il quartiere di Gracia (che in realtà fino alla fine dell'800 era una città indipendente), le sue strade alberate e le sue piazzette.
Solita parentesi sul cibo. Le tapas generalmente son buone, pensavo non saziassero ma alla fine puoi riempirti, anche se devi spendere parecchio per farlo. Solo che non amo mangiare appoggiato a un bancone tra la gente che spinge. Faccio un'eccezione per la champagneria della Barceloneta, un posto metafisico. Un bel bocadillo col xoriço (o chorizo, salsiccia un po' piccante) e un bicchiere di cava, lo champagne spagnolo. E ti senti felice.
Poi ovviamente paella e sangria, e che ne parliamo a fare. Ma quello che per me è il top è il jamon, il prosciutto crudo. Memore di averlo assaggiato parecchi anni fa, abbiamo comprato 100 grammi di pata negra (invecchiato di 4 anni, 160 euro al chilo!) nel meraviglioso mercato della Boqueria. Divino.

lunedì 10 maggio 2010

Marina

Ho approfittato della vacanza a Barcellona per leggere finalmente "Marina" di Carlos Ruiz Zafón. A dire il vero l'ho letto in buona parte sul volo di ritorno, ma fa lo stesso.
Ecco, da questo vorrei partire, perché arrivato al (mio) terzo libro di Zafón, per quanto l'ispirazione della vacanza catalana fosse importante, credo che "cambiare un po' aria" possa fare bene alla fantasia dell'autore. Marina, infatti, si incastra nel filo conduttore dei due racconti precedenti che avevo letto (L'ombra del vento e Il gioco dell'angelo, le cui storie son comunque collegate). Gli elementi sono gli stessi: una storia che punta molto sulle atmosfere misteriose, con lo sfondo di una Barcellona cupa e intrigante.
Potremmo quindi parlare di ripetitività, se non fosse che Marina è stato scritto prima dei due libri sopra citati. Se da un lato Zafón con il suo stile semplice e avvolgente (basta farsi un giro su internet per vedere quanto piaccia) riesce sempre a coinvolgere il lettore e a tenere alta l'attenzione e il coinvolgimento, creando una splendida storia di amicizia tra due adolescenti, dall'altro la cupissima parte horror-fantasy non convince per nulla. Devo essere onesto? Senza mezzi termini e senza spoilerare, m'è parsa proprio una cazzata. Dai, i proiettili d'argento, ma porca troia, l'hai scritto nel 1999, anche allora era uno degli stereotipi più abusati di sempre.

lunedì 3 maggio 2010

Evento raro

Un altro segno che il 2012 si sta avvicinando. Sabato sono stato tre ore a leggere, al sole, senza alcun desiderio di migrare verso l'ombra.
Mi sono persino scottato il naso, credo non succedesse dal 1996.

domenica 2 maggio 2010

Fan-omenologie

E' curioso, l'ultimo libro di Nick Hornby, "Tutta un'altra musica", riadattamento - all'italiana, abbastanza osceno - del vero titolo, ossia "Juliet, naked". Ancora una volta, la musica riveste un ruolo importante nello svolgimento della scena. Duncan è un "die hard" fan di Tucker Crowe, un cantautore americano misteriosamente sparito dalle scene proprio quando aveva raggiunto il successo con "Juliet", ritenuto il suo capolavoro. Vive in una noiosa cittadina inglese sul mare con Annie, che subisce la passione del compagno per Crowe, tanto da partecipare con lui a viaggi/pellegrinaggi sui luoghi della vita del cantautore. Un giorno a casa di Duncan arriva una versione inedita di "Juliet", Annie la ascolta per prima e da lì le cose inizieranno a cambiare...

Se la storia in sé può non rivelarsi originalissima, a rendere piacevole la lettura del libro sono due elementi. Il primo è la solita, scorrevole, scrittura di Hornby. La seconda è a mio avviso la caratterizzazione del personaggio di Duncan, probabilmente il più riuscito e reale. Chi ha frequentato, qualche volta nella vita, forum dedicati ad artisti e musicisti, rivedrà sicuramente in lui qualche nick conosciuto. La condivisione di una passione, o forse di una mania, via internet con altre persone sconosciute, ma così simili a te. Il desiderio di sentirsi un'autorità nel campo, almeno in un forum, dando anteprime, esprimendo i propri sofferti giudizi in una recensione. Il classico fan che divora la biografia, anzi la vita, del suo mito, rivelandosi alla fine uno studioso, anche maniacale, della sua arte e soprattutto della sua persona. Per poi magari scoprire che, alla prova dei fatti, tutte le sue immutabili certezze, autocostruitesi con anni di ricerche e di confronti online, si sono rivelate delle sostanziali puttanate. Una fenomenologia di un fan da forum.
E allora la lettura di "Juliet, naked" (non riesco a chiamarlo col titolo italiano, scusate) pone implicitamente un quesito. Fino a che punto bisogna analizzare un'opera d'arte e un artista?