giovedì 28 ottobre 2010

Shopping parallelo

Bertolaso: "Ho segnalato i comuni da commisariare, scoprendo in seguito che il 70% erano del centrodestra. Mi è stato detto che non era politicamente opportuno".


Passo da Fnac e acquisto Fallout: New Vegas, seguito di un capolavoro di cui già vi parlai. Anche in questo caso si tratta di avventure che accadono in uno scenario apocalittico, nella cosiddetta Zona Contaminata.
Vado al pieno inferiore, compro "La Peste", il libro di Tommaso Sodano su tutto quello che c'è dietro lo scandalo dei rifiuti in Campania.

E inizio a pensare che tra due anni acquisterò Fallout: Terzigno. La nuova Zona Contaminata.

mercoledì 13 ottobre 2010

Onore alla tigre Maroni

Per chi volesse approfondire un po' le vicende del tifo serbo, segnalo un articolo uscito da Limes un po' di tempo fa.


Serbia: tifo e politica tra violenze e turbofolk
Le tribù dei tifosi violenti sono in agitazione. Gli incidenti prima del gay pride. Nei Balcani i campi di calcio sono campi di guerra, tra politica, malavita e corruzione. Il ruolo degli hooligans nella dissoluzione della Jugoslavia.
Fonte: "Limes, rivista italiana di geoolitica"

"Il calcio, considerato obiettivamente, è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna. Spinto da questa considerazione ho deciso di fare le mie indagini. E mi è stato subito chiaro che ogni centro di attività calcistica, ogni football club, è organizzato come una piccola tribù, completa di territorio tribale, anziani della tribù, stregoni, eroi: entrando nei loro domini mi sono sentito come un esploratore del passato intento a esaminare per la prima volta una vera cultura primitiva...”
La tribù del calcio (Desdmond Morris, 1981)

Se il calcio è in qualche modo lo specchio della società, nei Balcani c’è sicuramente qualche problema. Due episodi si sono verificati tra settembre e ottobre in Serbia e in Bosnia Erzegovina, due tifosi sono morti uccisi dai fans, due giovanissimi, il francese Brice Taton (28) e il sarajevese Vedran Pulić (24), cessano di vivere e diventano due icone, due foto in primo piano esposte nei rispettivi stadi, nei blog e forum in internet, sulle magliette, con sotto la scritta R.I.P.

Come è potuto succedere? Cosa significa? Si dice sempre che il primo atto della guerra tra Serbia e Croazia avvenne durante una partita mai giocata tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa di Belgrado, ormai simboli di un’identità nazionale più che calcistica. Il calcio del capitano della Dinamo Zvonimir Boban, ad un poliziotto (che rappresentava il potere, quindi i serbi) in difesa dei tifosi croati, fu il primo atto eroico della guerra che seguirà. Secondo Simon Kuper nel calcio “Lo spazio resta allo stesso tempo spazio pubblico e luogo di dissenso. I simboli e le bandiere del calcio sono la maschera sotto la quale si celano talvolta identità segrete e incontrollabili”. Nei Balcani questo vale ancora di più.

Lo scorso 17 settembre si giocava a Belgrado la partita valida per la coppa Uefa Partizan – Tolosa. Un gruppo di ragazzi francesi era andato nella capitale serba per fare un po’ di vacanza. Belgrado, si sa, è famosa per la vita notturna e il divertimento. In un bar in pieno centro, il giorno della partita, vengono attaccati da un commando di tifosi del Partizan che arriva con premeditazione e ben armato, mazze di ferro e da baseball. Si accaniscono su uno dei francesi Brice Taton (28 anni) che morirà 12 giorni dopo in seguito alle ferite.

L’incidente avviene a pochi giorni dal “Belgrade pride”, la prima gay parade dopo quella disastrosa del 2001 che finì con molti feriti in seguito all’attacco di ultra-nazionalisti e hooligans e all’inerzia colpevole della polizia. Il pride avrebbe dovuto svolgersi il 20 settembre a Belgrado, ma il 19 settembre gli organizzatori ne hanno proclamato la cancellazione poiché il governo ha dichiarato che non avrebbe potuto garantire la sicurezza per il suo svolgimento nel centro cittadino. Nelle settimane erano cresciuti gli allarmi dovuti a graffiti e alle dichiarazioni che annunciavano bagni di sangue firmati da tifosi e alcuni gruppi cosiddetti “patriottici” (1). L’attacco ai francesi ha dato la spallata finale alla decisione del governo serbo che si era impegnato con gli organizzatori del pride più per entrare in Europa che per convinzione.

La morte del giovane francese il 29 settembre, seguita ad altri episodi di attacchi a cittadini stranieri nei giorni successivi a quella fissata per il gay pride suscita un’ondata di disgusto e di tristezza in Serbia, migliaia di cittadini sono scesi in piazza a protestare contro la violenza degli hooligans. Molti hanno avuto un flashback: le violenze di regime da una parte e le prime manifestazioni contro Milosević dall’altra (2).

Allo stesso tempo la risposta dello stato è stata dura, subito sono state identificate e arrestate 11 persone coinvolte nell’omicidio di Taton (tutti tra i 18 e i 22 anni e uno di 27), mentre il presunto mandate (conosciuto come trafficante di droga di alto livello) è fuggito in Olanda. L’accusa ha chiesto 40 anni di carcere ciascuno e la procura generale della Repubblica ha ordinato la chiusura di 14 gruppi registrati, 3 della Stella Rossa, 6 del Partizan e 4 del Rad.

Chi sono gli hooligans?

“In tutta la Serbia ci saranno circa 2000 ultrà – spiega Vuk Cvijić cronista del Blic che ha seguito le vicende di queste settimane per il giornale serbo – 1000 di questi hanno già avuto problemi con le autorità”. I più violenti sono quelli delle due squadre maggiori il Partizan e la Stella rossa e di una squadra minore sempre della capitale serba, il Rad conosciuto per avere una tifoseria con simpatie neonaziste.

Le ideologie però non sono così importanti “Da qualche anno ha preso piede negli stadi una nuova generazione di tifosi – racconta Cvijić – i cui capi hanno 25 anni e sono quelli più vecchi. Sono ragazzini che sono cresciuti sotto le sanzioni della Serbia di Milosević, erano abbastanza grandi per i bombardamenti e nel dopo-regime si sono trovati senza prospettive”.

L’unica idea a cui attaccarsi diventa quindi la squadra del cuore e il gruppo che si crea allo stadio da una parte, mentre dall’altra quella di fare abbastanza soldi per comprarsi belle macchine, vestiti firmati e fare la bella vita negli “splav” le discoteche sulla Sava e sul Danubio dove si suona uno dei prodotti più tipici degli anni novanta in questo paese, il “turbo-folk” (3). “I gruppi dei tifosi diventano in pratica delle bande malavitose che si occupano di spaccio e di racket”. I “Grobari” (becchini) tifosi del Partizan si occupano principalmente di vendere droga, mentre i “Delije” (eroi) si occupano dei locali, chiedono soldi oppure semplicemente si presentano in gruppo bevono, si comportano in maniera minacciosa in perfetto stile gangster, senza pagare ovviamente.

“Entrare nel clan però non è automatico – racconta Cvijić – i più giovani devono dimostrare di sapere entrare in azione all’occorrenza. C’è una sorta di prove di forza da passare prima di accedere ai privilegi del gruppo: l’attacco ai francesi era una di queste prove probabilmente sfuggita di mano”.

Non solo, i tifosi hanno un’influenza determinante nella politica della squadra, sono presenti nel consiglio di amministrazione dei club ma soprattutto utilizzano la sottile minaccia fisica costante di un gruppo di uomini che si può muovere come un commando. E avere influenza sulla politica della squadra significa avere influenza su una notevole fabbrica di soldi esentasse, poiché il livello di corruzione del calcio serbo è conclamato: dalle partite truccate alla compravendita dei giocatori con “doppio prezzo”, alla corruzione portata dai procuratori dei giocatori (4). “Nel 2004 – dice un giornalista sportivo che preferisce rimanere anonimo – il direttore tecnico della Stella Rossa Dragan Džajić, leggenda dei biancorossi, la “terza stella” del calcio serbo, si dimette ufficialmente per motivi di salute. Guarda caso pochi mesi prima i “Delije” avevano chiesto la sua testa per l’eliminazione dalla coppa Uefa”.

“Si è scritto abbastanza degli hooligans – dice Kuper in “Calcio e Potere”– ma ci sono dei tifosi più pericolosi”. Come spiega Alberto Piccinini nella introduzione al volume di Kuper, “ La tentazione dei regimi autoritari è da sempre quella di utilizzare il calcio come macchina di consenso” (5).

Anche gli hooligan in Serbia non sono mai solo corruzione e malavita, a partire dalla fine degli anni Ottanta inizio Novanta sono entrati con frequenza nelle vicende politiche della dissoluzione della Jugoslavia. L’etnologo serbo Ivan Čolovič, che da sempre studia la nascita dei nazionalismi in questa parte del mondo, nel suo “Campo da calcio campo di guerra” (Mesogea 1999) spiega come la retorica nazionalista si sviluppa e si articola nelle tifoserie e i primi scontri interetnici sono le violenze allo stadio tra squadre croate e squadre serbe.

Željio Ražnatović detto Arkan, è il capo dei Delije nei primissimi anni Novanta, a lui si darà il merito di disciplinare la tifoseria della Stella Rossa, ma sarà anche dalle file degli hooligan che prenderà i primi volontari per le sue “Tigri” un gruppo di paramilitari serbi tra i più sanguinari nella guerre di Bosnia e Kosovo (6).

Secondo Cvijić però i seguaci di Arkan erano una parte minoritaria del tifo “Le curve della Stella rossa e del Partizan erano tradizionalmente contro Milosević, Arkan ha provato a portarle con tutti i mezzi dalla parte di “Slobo”, ma ha perso la battaglia e pochi anni dopo è partito dagli stadi il primo slogan contro il presidente serbo: ‘Fai un favore alla Serbia Milosević: suicidati’ che poi è diventato quello delle manifestazioni anti-regime della seconda parte degli anni Novanta”.

E ancora nel 2008 gli hooligans saranno protagonisti dell’assalto alle ambasciate occidentali durante la manifestazione contro l’indipendenza del Kosovo, (21 febbraio 2008). Un giovane tifoso di Novi Sad muore all’interno dell’ambasciata americana clamorosamente mandata a fuoco da orde di tifosi che se non furono manovrati, certo fu lasciato loro molto spazio di manovra (7).

Per questo anche nelle recenti vicende c’è chi si domanda chi ha lasciato fare gli hooligans a ridosso del gay pride. Sicuramente nei giorni precedenti c’era stato un coordinamento con i due principali gruppi nazionalisti “movimento 1389” e “Obraz” i cui membri spesso sono anche attivi nelle curve.

Il professore della facoltà di studi sulla sicurezza Zoran Dragišić (8) in un editoriale punta il dito sulle possibili complicità di livelli più alti con gli hooligans che rischiano di essere superati da un dibattito pubblico che verta unicamente sulla violenza (9). Le domande che pone Dragišić sono: chi c’è dietro? chi li finanzia? Quale sponda politica hanno? Ma in Serbia nessuno risponde mai a queste domande.

Note

(1) I più attivi sono Obraz (che significa sia volto che orgoglio) e Movimento 1389 (anno della sconfitta dei serbi in Kosovo). Più volte si è paventata l’idea di chiudere questi gruppi, considerati il cuore della violenza politica nazionalista, ma si pensa che suscitino simpatie in molti partiti dell’arco parlamentare, dai radicali ai Dss di Kostunica. Vedi Cecilia Ferrara, “Una questione di Stato”, Osservatorio Balcani, 18 settembre.
(2) Danijela Nenadic, “Sotto assedio”, Osservatorio Balcani, 5 ottobre 2009.
(3) Volk è popolo, turbo è il sistema di iniezione di combustibile del cilindro del motore . Turbo folk è combustione del popolo. Qualsiasi stimolo di questo processo è turbo folk. Infiammare le più basse passioni dell'homo sapiens. Turbo Folk non è musica, turbo folk è l'incanto delle masse, cacofonia di tutti i gusti e tutti gli odori”. Famosa definizione di Rambo Amadeus cantante serbo.(sito Balkan Rock, “Turbo Folk, 24 luglio 2007).
(4) La Serbia dopo l’Argentina ha il numero più alto di procuratori al mondo.
(5) Simon Kuper, “Calcio e Potere”, Isbn Edizioni 2008.
(6) “Nel folklore dei tifosi in Serbia il tema dell’identità etnica, fino ad allora sporadico e proibito, compare in qualità di contenuto predominante di pari passo con la comparsa nell’ambito della comunicazione politica e della propaganda, in particolare nelle grandi manifestazioni populistiche di massa che diedero l’impronta alla vita politica della Serbia e del Montenegro nel corso del 1988 e 1989” (Colovic, op.cit. , p.43).
(7) Giuseppe Zaccaria in “A Belgrado e' complotto contro Tadic Ultra', polizia e politici: la rete di complicita' che ha messo all'angolo il Presidente serbo Il giorno dopo il rogo alle ambasciate”, La Stampa 23 febbraio 2008.
(8) Coinvolto nel piano della sicurezza per il Belgrade Pride.
(9) Zoran Dragisic “Kako protiv nasiljia?” Obijektiv, 13 ottobre 2009, p.114..

domenica 10 ottobre 2010

Una serata per niente seria (fortunatamente)

I trasporti pubblici a Napoli, si sa, fanno abbastanza schifo. Se la metropolitana collinare, più nuova e moderna, viene chiamata "piccola Svizzera" per il semplice fatto che funziona, potete capire a che livello siamo. Aggiungiamo che se sei fortunatio acchiappi la fascia oraria che prevede la frequenza ogni 6 o 8 minuti. Altrimenti devi aspettare 10' e anche 12' o 15'. La sera si chiude attorno alle 23, e solo il sabato si riesce a fatica a toccare la mezzanotte.
Insomma, un disastro.
Dei pullman neanche parlo: fatiscenti, affollati, spesso soggetti a rotture e a salti di corse.
L'Anm però ha da poco introdotto i bus notturni per alcune tratte. Un'idea civile, ed essendo una pensata ottima, hanno avuto la geniale intuizione di non pubblicizzarla quasi per nulla.
E' nato così The Night Bus Late Show, un evento organizzato anche e soprattutto grazie al passaparola su internet, che ha coinvolto 14 band napoletane (per 7 tratte), che si sono esibite "clandestinamente" (che se si aspettava l'Anm stavamo freschi) sui bus per sensibilizzare ragazzi e istituzioni all'utilizzo delle linee. Insomma per pubblicizzarle un po'.

Un successone, nonostante tanti disagi. Se una mia amica sulla tratta dal Cardarelli al Parcheggio Brin non ha avuto alcun problema, al contrario ho letto di varie corse saltate o soppresse.
Noi ci siamo invece diretti a Piazzale Tecchio, dove era prevista anche l'esibizione di un gruppo (The Soundblast Overprong) dove suona mio fratello. Secondo i programmi, avrebbero dovuto prendere il bus delle 0.45, ma il pullman dove era prevista l'esibizione precedente ha tardato di mezz'ora, e così hanno dovuto aspettare l'esibizione dei JFK e la sua bella bionda, che hanno riempito l'autobus all'inverosimile.
Si aspetta, si aspetta, e il bus non torna. Intanto presso il Piazzale i vari gruppi in attesa degli autobus (alcuni dei quali non arriveranno mai) si esibiscono. E' una bella sensazione, gente che si diverte e che canta.

Finalmente torna l'N6. Gli autisti non sembrano felicissimi dell'iniziativa. Alcuni minacciano (traduco dal napoletano) di chiamare la polizia se i ragazzi salgono un'altra volta con gli strumenti.
Ci informiamo sul passaggio del prossimo bus. Non sanno, dicono. L'N6 si è (misteriosamente) rotto e bisogna pazientare. Intanto loro si vanno a prendere un caffè.
I ragazzi nel piazzale non demordono e continuano a suonare. Io inizio a pensare che in questa città certe cose non si possono fare, non c'è la voglia e la mentalità di fare qualcosa di nuovo e di diverso. Di fare sì che le cose funzionino.

Alle 2.30 arriva un nuovo N6. Lo show può continuare.
Ovviamente noi ci eravamo appena allontanati! Il resto è un furioso inseguimento al bus per poter finalmente salire e obliterare 'sto cazzo di biglietto.

giovedì 7 ottobre 2010

L'era dell'ultraviolenza

Statuette lanciate, fumogeni contro sindacalisti, insulti e spaghettate in piazza, vaffanculi, dossieraggio, servizi segreti deviati in azione, attentati (finti?) a direttori di giornali, perquisizioni (per quanto legittime) nella sede di un quotidiano.
Nel paese la tensione ha raggiunto il limite. Mi sembra ben oltre l'orlo di una crisi di nervi.
Non si tratta, però, di una tensione sociale, legata a fini economici (le motivazioni ci sarebbero tutte, tra giovani, precari, cassintegrati, licenziati, professionisti, etc.), che parte dal basso e può dire la sua per rovesciare le cose. E' invece una tensione tutta politica, tra poteri contrapposti, che si azzuffano come galli in un pollaio per affermare la propria superiorità.

A prenderla in culo, il cosiddetto "paese reale", ormai immobile e prono.

mercoledì 6 ottobre 2010

E' tutto un magna magna

Anticonformismo


PREMESSA: se siete amanti del cinema correte altrove. Quelle che seguono sono righe all'insegna della profonda ignoranza.

Visto che è piaciuto a tutti, qualcuno sa spiegarmi perché Inception non mi ha saputo lasciare così entusiasta? Ok, è realizzato molto bene, la storia sa catturarti, le ambientazioni sono fantastiche, la recitazione è buona, il finale aperto ti dà anche la possibilità di discuterne con gli amici.
Tutto questo nonostante il ritmo ogni tanto cali e ci siano troppi "spiegoni" per non farti sentire un'imbecille di fronte allo svolgimento dell'azione.
E allora cosa c'è che non va? Sarà il ritrovarsi, pochi mesi dopo Shutter Island, di nuovo Di Caprio ad agire tra le pieghe più oscure della mente con i sensi di colpa per la moglie morta?
Non è un brutto film eh! E' che non capisco tutto questo sensazionalismo.

martedì 5 ottobre 2010

La montagna (nera) va da Maometto

Pur rimanendo un buon lavoro, "Wilderness Heart" dei Black Mountain non raggiunge a mio avviso le alte vette del suo predecessore, "In the future". Al di là di quella immane schifezza di "Let Spirits Ride" (e dell'orrida copertina), il livello si mantiene discreto. Ma i momenti migliori arrivano in occasione delle canzoni più lente. Tra cui questa, che mi sta facendo impazzire.

lunedì 4 ottobre 2010

Grande giornalismo

Il papà che non t’aspetti. Lunedì scorso in tarda mattinata, all’uscita di un asilo privato al quartiere Parioli di Roma, è spuntato nientemeno che Angelino Alfano. Il Guardasigilli andava a prendere il suo bimbo: con discrezione, come un genitore qualsiasi, e infatti la scorta s’è mantenuta a debita distanza, assicurano i presenti. Alfano, vestito di scuro, elegantissimo come sempre, non è certo passato inosservato tra le mamme, attraendo inevitabilmente i loro sguardi. E il ministro della Giustizia, da galantuomo siciliano, come si conviene, ha salutato le donne che erano assieme a lui in attesa dei pargoli, galante e sorridente nelle strette di mano.


Tutto vero eh!
http://www.ilgiornale.it/interni/papa_angelino_passa_dallasilo/22-09-2010/articolo-id=474927-page=0-comments=1