In questi mesi ci hanno fatto due palle cubiche sul duello Bryant vs. James. Capisco il marketing ma, con tutto il rispetto, non stiamo parlando di Magic e Bird e i due finora non si sono incontrati ai playoff manco per sbaglio.
Questa premessa acidella è finalizzata all’introduzione della lettura che ho appena concluso, ossia il libro di John Taylor “The rivalry”, incentrato sulle due figure che hanno permesso l’affermazione del basket Nba ai grandi palcoscenici: Bill Russell e Wilt Chamberlain, appunto. Il sottotitolo “Bill Russell, Wilt Chamberlain, and the golden age of basketball” è esemplificativo di quanto poi andremo a leggere. Non solo Bill e Wilt, ma un momento di intensa crescita di un basket in cui c’erano figure come John Havlicek, Bill Cunningham, Nate Thurmond, Jerry West, Elgin Baylor, Oscar Robertson. Una storia di due grandissimi giocatori che è la storia di un gioco che stava passando dal dilettantismo basato su patti tra gentiluomini a essere qualcosa di più, con dirette nazionali, minacce di scioperi di fronte alla mancata tutela previdenziale e cose di questo tipo.
Un gioco in evoluzione, in un paese in evoluzione. Sono gli anni dell’emancipazione nera, del Klan, di Martin Luther King Jr. e del suo assassinio, delle Black Panthers. Tutti fenomeni che si riflettono in un gioco che ha fatto da apripista all’integrazione razziale.
La storia di un paese raccontata attraverso la storia di un gioco. E la storia di un gioco raccontata attraverso le storie dei suoi maggiori protagonisti, in campo e non (Auerbach, ad esempio). Su tutti, Bill Russell e Wilt Chamberlain, così diversi tra loro ma due metà comunque combacianti di una stessa storia.
Almeno credo che il libro dica queste cose, perché l’ho letto in inglese. Una faticaccia…
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