mercoledì 24 febbraio 2010

Still here dancin' with the GrooGrux King

Doverosa premessa: adoro la Dave Matthews Band, la ascolto da una dozzina d'anni e da allora ogni volta (quindi poche) che ha fatto capolino da queste parti, cerco di andarci. Mi persi il concerto di Lucca dello scorso anno, ma all'attivo ho lo show di Bruxelles e poi i primi timidi contatti di Dave con il nostro continente (Londra da solo e Milano con Tim Reynolds). Altra premessa: non amo i dischi nuovi. Il penultimo fa cagare, e non credo di stare esagerando. Il nuovo ha qualche bel momento, diciamo che sfiora la sufficienza, ma insomma, sono consapevole che il percorso che la band ha intrapreso non mi soddisfa a pieno, e pazienza. Ciò non toglie che dal vivo siano sempre uno spettacolo, con concerti che durano almeno due ore e mezza, grandi musicisti che fanno quel che sanno fare meglio, e lo fanno divertendosi.
Ora, dando un'occhiata alle scalette di questo tour europeo, prima del concerto di Roma avevo un po' di preoccupazioni: la pessima acustica del PalaLottomatica e l'abnorme quantità di canzoni nuove che stavano inserendo in scaletta.
Per quanto riguarda il primo punto sono riuscito a risolvere il tutto buttandomi in ultima fila, appoggiato alle transenne del mixer. Non ho potuto fare esperimenti con il gruppo di supporto perché quando sono arrivato quando gli Alberta Cross avevano già finito, e quindi mi sono fidato della (scarsa) esperienza concertistica. Ogni tanto spariva il violino, la voce a volte aveva un po' di riverbero, ma bene o male si era trovato un buon compromesso.
Compromesso che è invece venuto a mancare con i pezzi di nuovi, ma vabbè. Alla fine è il tour di promozione del disco, certo. Però parliamo di 8 canzoni (sulle 12 totali) del nuovo album. E considerando che non è che la band passi da queste parti ogni giorno, che puoi dire "vabbè, almeno quel classicone l'ho già sentito sei mesi fa". Detto questo, la cosa che mi ha lasciato perplesso sul momento è stata la disposizione della scaletta, anche se alla fine non è stato del tutto un male che sia stato così.
Mi spiego meglio: lì per lì non mi è piaciuta la scelta di iniziare il concerto con quattro pezzi nuovi, metterci una Warehouse in mezzo tanto per far vedere, e poi piazzarcene un altro del nuovo album e infine You Might Die Trying che invece è di quella ciofeca del disco precedente. Potrete immaginare il mio smarrimento, tanto che ho mandato uno sconfortato sms a Marcello.
Insomma, la prima oretta di concerto mi ha lasciato un po' così: Lying in the hands of God è uno dei pezzi che su disco mi piacciono meno e invece mi ha impressionato favorevolmente, anche se sinceramente come opener non ha una gran presa. Delle nuove bene Funny the way it is e Why I Am. Shake me like a monkey molto meglio su disco. Le altre da bruciare.
Dopodichè finalmente abbiamo iniziato a scaldarci, prima con la cover di The maker di Daniel Lanois e poi con Don't drink the water. Da lì via con una discreta serie di chicche (Crash into me, e vabbè, Crush, inaspettate Grey Street e Jimi Thing in chiusura, un'eccezionale Two Step a concludere invece il set "base").
Band in gran forma, ottimo Jeff Coffin che non avevo mai sentito dal vivo, bene Tim Reynolds che a quanto pare ha lasciato il "Nintendo set" a Milano.
Certo, se vado a vedere la scaletta di Bruxelles 2007 il confronto non regge, ma alla fine è valsa la pena. E allora torno al discorso di prima. Forse è stato un bene levarsi subito il dente dei pezzi nuovi, e uscire con le emozioni di un'intensissima due terzi di concerto.

1 commento:

drugo ha detto...

sconsolatamente dico che certe scalette dalla band ormai ce le possiamo scordare.
concordo su jeff coffin, immenso, mai sopra le righe, sempre perfetto, un mostro elegante.