domenica 13 luglio 2008

Sole islandese

Arriviamo all'auditorium che i Sigur Ros stanno facendo il soundcheck. Questa volta, al contrario del concerto del 2003 sempre alla Cavea dell'Auditorium, Jonsi non è al bar e quindi non possiamo salutarlo. Ci accomodiamo e ascoltiamo un paio di pezzi, poi inganniamo l'attesa visitando la struttre. Apre Helgi Jonsson (grazie ad ale per il nome, io non ci avevo capito un cazzo), che suonerà il trombone durante il concerto. Si presenta con la chitarra acustica, sembra Beck ma dalla voce mi aspetto da un momento all'altro una cover di Jeff Buckley. Non arriva ma piace assai e con la sua timidezza conquista il pubblico. Sono in un'ottima posizione, confido di fare qualche foto ma alla fine le due ore di concerto saranno quasi tutte in penombra, con uno dei pochi fari a potenza piena sparato quasi in pieno viso. Pazienza. Spero aprano con Svenf-g-englar, ed eccola qua. Chiudo gli occhi e mi faccio trascinare in Islanda. Segue Glosoli e con mio zio concordiamo che a questo punto potremmo anche andarcene soddisfatti. Due splendide ore di concerto, il migliore dei tre che ho visto degli islandesi. Uno show diverso dai precedenti, sempre intenso ma di un'intensità diversa, dovuta anche al cambiamento di atmosfere degli ultimi due album, dai quali saccheggiano brani che riempiono la scaletta. Non è un caso, a mio avviso, che non suonino canzoni tratte da ( ), il loro disco più cupo. Popplagid esclusa, ovviamente, che ormai è la loro chiusura tradizionale. Atmosfere diverse, quindi. Se prima andavi a un concerto dei Sigur Ros e potevi sentire due ore di splendida musica che ti cullava dolcemente prendendoti al cuore, le cose sono cambiate. Ora invece la loro musica ti prende anche nelle gambe, il ritmo è più sostenuto, i toni sono più allegri. Certo, quando suonano i pezzi di Ágætis Byrjun la sensazione è sempre quella (il crescendo di Viõrar Vel Til Loftárasa...). Ma mai avrei pensato che una canzone dei Sigur Ros potesse farmi stampare in faccia un sorriso ebete durante l'esecuzione. E' il caso di Við spilum endalaust. E mai avrei immaginato di vedere Jonssi chiedere di alzarsi in piedi e battere tutti le mani. Non so dire cosa sia cambiato: loro sembrano sempre gli stessi, ad accompagnarli ora oltre alle affezionate Amiina c'è una sorta di Banda Osiris islandese tutta vestita di bianco che effettivamente contribuisce a rendere il clima un po' surreale. Forse la loro fase "invernale" è davvero finita, e i nuovi dischi simboleggiano davvero la primavera islandese. Ma se avete la possibilità andate a vederli dal vivo. In mancanza, cercate il video di un'esecuzione live di Gobbledigook e capirete, se già li avete visti, le differenze dagli show diversi, vedendo un pubblico impazzito battere le mani mentre dall'alto piovono coriandoli bianchi.

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