venerdì 15 giugno 2007

"La velocità è nella testa, non nelle gambe. E se sei veloce quando pensi, diventi più veloce anche sul campo". Sentire Dejan Bodiroga annunciare il suo ritiro, parlando di "mezza velocità", riporta proprio a questa frase che lui stesso pronunciò, e che incarna alla perfezione la sua carriera. Con l'addio di Bodiroga, si chiude il cerchio su quella grande nazionale Jugoslava che riuscì a dare gioie a un paese funestato dalla guerra.
Scelto dai Sacramento Kings, decise - su consiglio di una vecchia volpe come Tanjevic - di rimanere in Europa. Probabilmente avrebbe dominato anche in un basket che bada essenzialmente all'atletismo, ma la sua scelta è stata vincente, e da un vincente come lui sinceramente non potevamo aspettarci altro.
In Italia è arrivato a 18 anni, a Trieste ha mosso i suoi primi passi cestistici di una certa importanza. Nel 1993, nel giorno del suo ventesimo compleanno, segna 51 punti, ai quali aggiunge 11 rimbalzi e 5 recuperi. Giocatore totale, alto 2.05 ma dotato di mani da pianista e un'intelligenza superiore. Con Milano vince una coppa italia e uno scudetto, con un suo canestro allo scadere.
Due anni al Real Madrid, e poi in Grecia, al Panathinaikos: lì vince 3 campionati greci e 2 volte l'Eurolega. Vola in Spagna, questa volta al Barcellona, e un anno dopo è ancora lui a mettere le mani sul massimo trofeo continentale. Ci aggiunge, per gradire, 2 campionati , 2 coppe del Re e una supercoppa.
Nel 2005 torna in Italia, a Roma. Non riesce ad aggiungere nulla al palmares, ma riporta la Virtus ad alti livelli.
Con la nazionale conquista due mondiali e tre europei: nella Finale del 2002, contro l'Argentina, segna nove punti negli ultimi minuti, con la Jugoslavia sotto di 8.
I trofei individuali manco li cito, sono troppi.

Un maestro, il suo piede perno e le sue finte resteranno perennemente scolpiti nella nostra memoria. Grazie Dejan.

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